Le ragioni del diritto alla privacy e alla sicurezza individuale, le ragioni della sicurezza nazionali, le istanze di un’azienda che fa della tutela dei propri utenti una leva di marketing, le ragioni di autorità incaricate di agire per temperare un clima dominato dal Terrore: il dibattito incentrato sulle richieste di accesso dell’FBI ai dati conservati sull’iPhone di San Bernardino divide la società civile.
A tentare di sensibilizzare l’opinione delle folle è il primo luogo Apple, diretta interessata dall’ingiunzione. Lo ha fatto con una pagina sul proprio sito, per confermare di aver risposto in passato alle sole richieste delle autorità formulate in maniera legale per dispositivi animati da iOS 7 o precedenti, e di essere impossibilitata , per i dispositivi che montino versioni più recenti del sistema operativo equipaggiate con soluzioni di cifratura più forti, a fornire dati alle agenzie governative. Nessun tipo di insubordinazione nei confronti delle autorità: Cupertino offre tutto il supporto possibile alle forze dell’ordine, ma ha implementato queste misure di sicurezza per difendere i propri utenti da cracker e cybercriminali , e non intende rinunciarvi, né socchiudere a favore delle autorità una backdoor che potrebbe essere impiegata per fini illeciti.
Il CEO Tim Cook, oltre ad esprimersi pubblicamente a favore dell’inviolabilità dei propri prodotti, ha altresì diramato ai media una lettera rivolta ai propri dipendenti in cui ammette gli attriti di un contesto in cui l’azienda “si trova sul fronte opposto rispetto al governo in un caso centrato sulle libertà che proprio il governo dovrebbe proteggere”. Ai dipendenti della Mela chiede di confidare nella posizione dell’azienda, supportata da “messaggi di migliaia di persone in tutti e 50 gli stati USA”, da giovanissimi sviluppatori e da veterani dell’esercito.
Nella battaglia a suon di marketing e dichiarazioni pubbliche, la Mela può contare sul supporto di un coro del panorama IT, fra cui Mark Zuckerberg , che si è schierato a favore della cifratura. Ma una voce di peso che si è espressa a favore dell’FBI è Bill Gates . Il fondatore di Microsoft confida nel fatto che la richiesta sia confinata al caso di San Bernardino e che non necessariamente apra la strada a precedenti che trasformino l’eventuale supporto di Apple in una backdoor di fatto.
L’FBI, allo stesso modo, nella persona del Director James Comey conferma in un editoriale : “non vogliamo decifrare alcunché né creare una master key”. “Abbiamo delle nuove tecnologie che creano una grande tensione tra due valori a cui tutti teniamo: la privacy e la sicurezza”, riconosce Comey: una tensione che “non dovrebbe essere sciolta dalle aziende che esistono con lo scopo di vendere prodotti” né “dall’FBI, che ha lo scopo di investigare”. “Dovrebbe essere sciolta dai cittadini americani – suggerisce il vertice dell’FBI – decidendo come vogliono che si regga un mondo che non abbiamo mai visto prima”.
La società civile , però, non appare affatto schierata in maniera compatta: il Pew Research Center ha condotto un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione statunitense ha rivelato che il 51 per cento degli intervistati ritiene che Apple dovrebbe intervenire per assolvere alle richieste dell’FBI, a fronte di un 38 per cento schierato con la Mela.
Anche presso i proprietari di un iPhone la spaccatura è evidente: solo il 43 per cento ritiene che Apple dovrebbe mantenere la propria linea per evitare di compromettere la sicurezza degli utenti, mentre la maggioranza, il 47 per cento, vorrebbe che Cupertino supportasse le forze dell’ordine nel caso di San Bernardino.
Gaia Bottà