Si sono parlati, si sono piaciuti, è scattato il matrimonio: Apple e IBM si uniscono in un vincolo tutto votato alla conquista e al controllo del settore enterprise . Un’unione che vede Apple metterci l’appeal dei dispositivi iOS e IBM il peso delle proprie soluzioni business. Entrambe hanno tutto da guadagnarci e poco da perderci. Di sicuro una partnership che fa impressione , pensando alle origini della storia di Apple: ma se Bill Gates e la sua Microsoft vennero sdoganati dallo stesso Steve Jobs al suo rientro a Cupertino, non si vede perché Tim Cook non possa riabilitare il Grande Fratello del celebre spot 1984 per il lancio del Macintosh .
Apple + IBM = Redefining the mobile enterprise http://t.co/ainqkNA6SA
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— Philip Schiller (@pschiller) 15 Luglio 2014
L’operazione ha tutta l’aria di una presa di coscienza da parte sia di Apple che di IBM di aver bisogno d’aiuto . Apple, nonostante le parole spese in ogni keynote per magnificare la penetrazione dei suoi prodotti mobile nelle aziende, non ha mai avuto una divisione enterprise vera e propria con cui offrire soluzioni a tutto tondo per gestire l’intero ciclo produttivo; IBM non ha più una divisione hardware con cui disegnare, realizzare e vendere prodotti adeguati all’evoluzione del mercato e conformi ai gusti e le esigenze dei suoi clienti. In più, c’è da fronteggiare una concorrenza arrembante: Microsoft, almeno stando alla lettera ai dipendenti appena vergata da Satya Nadella , si muove proprio nella direzione prospettata da questo accordo, ed è senz’altro a Redmond che hanno più di che preoccuparsi per questo annuncio. Ma anche Dell, SAP, Oracle, Samsung non possono dormire sonni tranquilli, per non parlare di Blackberry.
Nei fatti, i dettagli su come si evolverà la partnership tra Apple e IBM sono scarsi: Armonk metterà in campo 100mila dei suoi consulenti-venditori , che pattugliano da sempre le aziende per proporre le tecnologie IBM, che d’ora in avanti offriranno anche tablet e smartphone iOS ai clienti . Su questi gireranno le app appositamente sviluppate da IBM, che garantiscono accesso ai prodotti già consolidati su PC e server, come quelli per la business analytics, big data o i CRM, attraverso il programma MobileFirst: questo significa che IBM si impegna a produrre 100 app entro il 2015 , rese disponibili tramite un apposito marketplace privato che sarà messo in piedi grazie all’ accesso privilegiato che Apple concederà al suo sistema operativo. In più, come spesso accade per altro hardware, IBM offrirà anche il leasing dell’hardware a chi acquista le licenze per usare il suo software.
Apple, da parte sua, può evitarsi tutta la trafila necessaria a costruire un’ecosistema di prodotti enterprise, immetterli sul mercato, convincere qualcuno ad adottarli, creare una tendenza: IBM è già ben messa , se non il leader, in diversi comparti, e non sarebbe possibile fare meglio in poco tempo. Cupertino si limiterà a partecipare con le proprie migliori competenze già consolidate : i dispositivi quali iPad e iPhone, il sistema operativo iOS, l’assistenza ai clienti tramite Applecare che si arricchirà di uno specifico programma destinato alle aziende e che andrà a integrarsi con il sostegno on-site che continuerà a essere offerto da IBM. Il principale concorrente, Android, è poi controllato da Google: e a Mountain View non mancano le risorse nel mercato del cloud computing, che invece difettano ad Apple mentre sono uno dei cavalli di battaglia di IBM.
L’idea di unire le forze, stando al racconto dei due CEO Tim Cook e Ginni Rometty fatto a ReCode , sarebbe nata da una serie di conversazioni tra i due leader che riconoscevano l’uno la qualità dei prodotti dell’altro. Apple e IBM sarebbero in realtà anime gemelle : sono lontani i tempi in cui Steve Jobs vedeva nell’azienda di Armonk il nemico da sconfiggere, oggi invece Tim Cook vede un’opportunità in questa partnership. Sicuramente l’opportunità c’è: così facendo Apple si può avventurare senza rischiare troppo in un terreno che da sempre non le è stato particolarmente familiare, e senza investire troppo in questo “esperimento”. IBM, dal canto suo, si allea con uno dei marchi più desiderati e attraenti del settore: sono tanti quelli che vogliono un iPhone o un iPad, ma soprattutto in molti guardano alle soluzioni Apple come modelli dell’integrazione ideale tra software e hardware.
Cook sciorina dati commerciali che dicono che l’80 per cento degli smartphone e il 70 per cento dei tablet scelti dalle aziende sono Apple. E da non trascurare anche un altro aspetto: con l’affermarsi del fenomeno del BYOD ( Bring Your Own Device ), spesso i tablet e gli smartphone con la mela sul dorso sono già presenti in un modo o nell’altro in azienda, e impiegati dai dipendenti anche per attività che comprendono i dati aziendali. Mettere in grado gli amministratori di controllare meglio questi apparecchi, di garantire che utilizzino app approvate e sicure per manipolare i dati, significa prendere iniziativa affinché si renda più sicuro l’ambiente di lavoro.
L’ ambizione , su cui tutto sommato Apple non deve scommettere tutto il suo futuro mentre IBM ha tutto l’interesse che l’azzardo riesca, è di cambiare l’approccio stesso delle aziende in cerca di un fornitore IT per le proprie attività enterprise : in luogo di dover immaginare l’introduzione di nuovi PC o nuovi server, si potrà optare per adottare tablet e smartphone e avere al contempo tutta l’offerta di IBM, magari fornita tramite cloud.
Luca Annunziata