È difficile dire come sarebbero andate le cose con Steve Jobs ancora alla guida di Apple, e forse non ha neanche tanto senso chiederselo . Certo è che, nonostante i proclami di voler mantenere un elevato livello di segretezza intorno ai propri prodotti, ultimamente le fughe di notizie precedono gli eventi di Apple con largo anticipo e questo, forse, con Jobs non sarebbe successo. Non in modo così eclatante perlomeno.
iPad Mini
Ma veniamo all’evento vero e proprio, e partiamo dal tanto discusso iPad mini . Qui il richiamo a Steve Jobs è d’obbligo, visto che fu il co-fondatore di Apple a dichiarare pubblicamente che un iPad da 7 pollici non avrebbe avuto senso: con solo il 45 per cento dell’area di lavoro di un iPad “normale”, avrebbe richiesto della carta vetrata per appuntire le dita in modo da poter gestire l’interfaccia utente su una superficie così piccola. Ma forse Jobs stava confondento le idee ai propri interlocutori, oppure cambiò opinione in seguito, perché dal recente processo che ha visto contrapposte Apple e Samsung è emerso che Jobs era in realtà propenso ad esplorare anche questo settore di mercato.
Ci sarà quindi della carta vetrata inclusa in ogni confezione di iPad mini? Ovviamente no, e la ragione è molto semplice perché ricadiamo in un banale calcolo numerico. Innanzitutto iPad mini ha una diagonale di 7,9 pollici, una misura più vicina agli 8 che non ai 7, due centimetri in più sulla diagonale che portano la superficie fino al 67 per cento di quella del’iPad da 9,7 pollici o, se preferite, il 35 per cento in più” rispetto ad un tablet da 7″: ottimi numeri da snocciolare a livello di marketing, soprattutto se abbinati ad uno spessore ed un peso estremamente ridotti . Tralasciando gli aspetti commerciali, una risoluzione di 1024×768 su una diagonale da 7,9 pollici corrisponde ad una densità pari a 163 dpi, di gran lunga inferiore ai 264 dpi dell’iPad con display Retina (o ancora meno rispetto ai 326 dpi di iPhone) ma leggermente superiore ai 132 dpi delle prime generazioni del tablet della Mela.
Quel che più conta però, è che 163 dpi corrispondono esattamente alla definizione dei primi modelli di iPhone, prima dell’introduzione del display Retina, il che rende l’interfaccia di iOS su iPad mini perfettamente compatibile con gli standard di usabilità imposti da Apple. In definitiva, stessa risoluzione di iPad 2 (quindi massima compatibilità delle App) e stessa definizione dei vecchi iPhone (quindi stessa usablità d’interfaccia).
Sciolto questo dilemma, resta da chiedersi cos’abbia spinto Apple ad entrare in questo segmento di mercato, e qui le risposte possibili sono molteplici: si va dalla banale volontà di realizzare un dispositivo intermedio tra i 3,5 pollici (diventati ora 4) dell’iPod Touch e i 10 (per la precisione 9,7) dell’iPad, all’intenzione di realizzare un prodotto dal prezzo più abbordabile o che mettesse il bastone tra le ruote alla concorrenza, che da sempre punta su questa dimensione. In realtà lo scopo, nemmeno tanto nascosto, di iPad mini è quello di ampliare la penetrazione di Apple nel settore dell’editoria elettronica. Jobs (ennesimo richiamo inevitabile) disse che non credeva negli eBook reader, dispositivi dalle capacità troppo limitate se paragonati ad un tablet che, oltre a consentire la lettura di eBook, permettono di fare molte altre cose; evidentemente la sua idea non era tanto sbagliata se anche Amazon (leader indiscussa nel settore dell’editoria digitale) si è lanciata nel mercato dei tablet con il
Kindle Fire , uno dei tablet Android più venduti.
Al momento però, Apple, nonostante iTunes U (servizio interessante che però coinvolge solo il settore educational) e nonostante abbia fatto leva sulla possibilità di autopubblicazione dei propri manoscritti, con tanto di applicazione orientata alla realizzazione di libri interattivi, ha fallito nelle proprie aspettative in questo settore, o quantomeno le ha di molto ridimensionate. I motivi di questa défaillance sono molteplici, ma tra questi va sicuramente annoverata anche la mancanza di un dispositivo adatto ad attirarare quella parte di clientela interessata principalmente alla lettura di libri.
iPad “classico” offre un’ampia area di lavoro e un’elevata definizione, ed ha anche una potenza tale da gestire senza problemi multimedialità, interattività, e PDF di grosse dimensioni (punto debole degli eBook reader tradizionali); di contro, però, (anche tralasciando l’argomento della tipologia di schermo) ha un peso ed una dimensione che non si possono minimamente paragonare ai leggeri e snelli e-reader. iPad mini invece pesa meno della metà rispetto all’iPad tradizionale (solo 308 grammi) ed è di oltre 2 millimetri più sottile rispetto ad iPad Retina (è anche leggermente più sottile dell’iPhone 5). Per rendere ancora più evidente il fatto chèiPad mini “sta in una mano” Apple ha anche ridotto la cornice sul lato verticale, rendendolo simile ad un grosso iPod.
Un altro elemento che dovrebbe rendere evidenti le intenzioni di Apple è l’attesa nuova release di iBooks , che dovrebbe offrire piena compatibilità con il formato EPUB3 , ma al momento non è ancora stata rilasciata: forse sarà disponibile in concomitanza con la disponibilità di iPad mini. Resta invece un mistero l’impossibilità di leggere su computer i libri comprati su iBookStore, che attualmente sono visualizzabili solo sui dispositivi iOS: questa scelta sarebbe comprensibile (quantomeno strategicamente, non certo dal punto di vista dell’utente) se Apple fosse in una posizione dominante nel settore dell’editoria digitale, ma visto che si trova nella condizione di dover recuperare strada perché non offrire la lettura anche da iTunes (magari con la prossima release attesa a giorni) o da un’applicazione apposita? Conquisterebbe di colpo un gran numero di potenziali clienti per iBookStore, tutti quelli che utilizzano iTunes (anche su PC-Windows) ma che non possiedono un dispositivo iOS.
Tornando all’iPad mini, com’era facilmente prevedibile , il processore è un Apple A5: non è necessario il comparto grafico potenziato dell’A5X (o addirittura A6X) che gestisce lo schermo Retina, e un Apple A6 avrebbe reso il prodotto troppo concorrenziale rispetto all’iPad tradizionale. Il prezzo si posiziona esattamente nello spazio compreso tra iPod Touch e iPad da 9,7 pollici: partendo della verione WiFi, si va dai 329 Euro per il modello base da 16 GB (stesso prezzo di iPod Touch, che però offre il doppio dello spazio) e i 529 Euro per il modello da 64GB (praticamente lo stesso prezzo dell’iPad Retina da 16GB, che costa 499 Euro). Il modello intermedio da 32GB costa invece 429 Euro, ovvero si trova a concorrere con i 399 Euro di iPad 2 (che a parità di processore offre uno schermo più ampio ma una capacità di archiviazione dimezzata).
Tutto bene quindi? A giudicare dalle reazioni in borse sembrerebbe di no, visto che a seguito della presentazione il titolo AAPL ha perso più del 3 percento (anche se nel mercato After Hours è in leggero recupero) probabilmente perché in molti si aspettavano un prezzo più aggressivo, sotto i 300 dollari, a costo di sacrificare parte delle memoria proponendo un modello da 8GB. Resta il fatto che quello che è appena iniziato è il trimestre natalizio, ed è difficile pensare che iPad mini rimarrà sugli scaffali a prendere polvere.
Restando in tema iPad, l’evento di ieri non si è limitato a proporre la versione mini del tablet della mela, ma si è spinto oltre, aggiornando anche il modello tradizionale (d’ora in poi identificato come iPad con display Retina) con il connettore Lightning e con un nuovo processore Apple A6X . Per quanto riguarda il connettore, nessuna sorpresa: Apple vuole spingere i produttori di accessori all’adozione del nuovo formato, a costo di scontentare chi si ritrova con diversi dispositivi o accessori dotati del connettore dock classico (che comunque essendo il connettore di iPhone 4 e 4S, nonché di iPad 2, avrà ancora qualche anno di vita). Per quanto riguarda il processore, l’Apple A6X è un derivato dall’Apple A6 con comparto grafico potenziato (esattamente come per l’Apple A5 e l’A5X), quindi eredita gli stessi incrementi prestazionali del passaggio tra le due differenti architetture, che si traducono in prestazioni doppie.
Al di là delle perplessità di un aggiornamento così ravvicinato (soprattutto tra chi ha recentemente acquistato un iPad con A5X), è evidente che Apple vuole spingere l’acceleratore al massimo in questo settore, e forse non è un caso che, tra tutte le indiscrezioni trapelate, non ci fosse il sentore di un cambio così radicale dell’hardware (anche se era data per scontata l’adozione del connettore Lightning). Curiosamente l’iPad con processore A6X non va ad affiancare il vecchio modello, ma lo rimpiazza completamente; a listino rimane invece l’ormai “vecchio” iPad 2. Da segnalare che, in base a quanto riporta CNet , alcuni Apple Store sostituiranno gratuitamente gli iPad comprati negli ultimi 30 giorni con il nuovo modello presentato oggi. Accantonando il mondo iOS, le novità di ieri sera sono state molte anche nel settore Mac, con un iMac completamente rinnovato nel design, e un nuovo MacBook Pro Retina da 13 pollici. Lasciando perdere gli assenti (cioé il Mac Pro che non è arrivato) partiamo dal nuovo iMac . Quello che più colpisce del nuovo all-in-one di Apple è sicuramente il design : più volte mi è capitato di vedere gente che confondeva iMac con un monitor, ma ora le possibilità di confusione crescono esponenzialmente, visto che il bordo arriva ad uno spessore di soli 5 millimetri. Ovviamente, per raggiungere un tale risultato, al di là delle complicazioni sul processo costruttivo (come “il processo di saldatura per frizione e rimescolamento”) è stata rimossa l’unità ottica, già assente dagli Air, dal Mac mini, e dal MacBookPro 15 pollici Retina.
Estetica a parte, la rimozione del drive non fa che segnare un ulteriore passo verso la sparizione di questo supporto: nella situazione ideale immaginata da Apple, il software di scarica dal Mac App Store, la musica dall’iTunes Store e i film pure, senza dare nanche una chance al Blu-ray. Non c’è spazio per il supporto ottico, così come a cavallo del nuovo millennio, per motivi differenti, non c’era spazio per il floppy disc (l’iMac del 1998 segnò l’inizio della fine di quel supporto). Nella realtà dei fatti CD e DVD (in misura minore anche Blu-ray) sono ancora nelle case di molte persone anche se gran parte di musica e film sono già stati convertiti e copiati su hard disk esterni, NAS, chiavette USB e quant’altro (quando non sono già stati già comprati o scaricati dalla Rete in questo formato). Anche se io stesso non ricordo quand’è stata l’ultima volta che ho utilizzato il drive ottico sul computer, credo che questa transizione sarà un po’ più lunga da completare.
Il nuovo iMac ovviamente non è nuovo solo nell’estetica, ma anche nelle specifiche tecniche : processori Core i5 o i7 fino al quad-core da 3,4GHz, da 8 a 32 GB di RAM, schede grafiche NVIDIA Kepler in varie versioni (dalla GT-640M del modello base, alla GTX 680MX con 2GB di memoria, installabile sul modello top), porte USB 3.0 e Thunderbolt, e nuove opzioni di archiviazione. Si parte dal classico disco rigido da 1TB (fino a 3TB) ai 768GB di memoria flash, passando per dischi ibridi che Apple chiama Fusion Drive , in cui il sistema decide automaticamente (in base alle abitudini dell’utente) cosa mettere sul disco rigido tradizionale o sulla memoria flash.
Infine, anche lo schermo del nuovo iMac subisce una piccola rivoluzione: criticato da molti per le sue proprietà riflettenti, il display dell’iMac è ora completamente laminato e rivestito con un particolare processo che riduce del 75 per cento la luce riflessa. In attesa di vederlo dal vivo (il modello da 21,5 polliic sarà disponibile a novemente a partire da 1.379 Euro, quello da 27 solo a dicembre con prezzi da 1.899 Euro) resta da chiedersi, viste le dimension compatte, quanto questo “concentrato” di tecnologia sia “accessibile” dall’utente o anche dai tecnici addetti alle riparazioni.
Un po’ più lontano dai riflettori (vista l’assenza di novità eclatanti) Apple ha aggiornato anche il Mac Mini con nuovi processori i7 (fino al quad-core da 2,6GHz), RAM fino a 16GB (4GB nella configurazione standard ma facilmente espandibilie ), porte USB 3.0 e Thunderbolt (oltre alla HDMI), e la tripla opzione anche qui per l’archiviazione: disco rigido tradizionale (500GB o 1TB), memoria flash da 256GB, o disco ibrido Fusion Drive sempre da 1TB. A meno di esigenze particolari, nonostante il prezzo d’acquisto non sia proprio invitante soprattutto se confrontato con l’iMac (si parte da 649 Euro, che diventano 869 se si aumenta la RAM e si aggiungono trackpad e tastiera), il Mac Mini rimane la soluzione più flessibile per aggiornare il proprio sistema senza essere legati ad uno schermo. Ovviamente la differenza è nelle prestazioni (soprattutto quelle grafiche), quindi la scelta va ben ponderata.
Dulcis in fundo, il MacBookPro retina da 13 pollici . Atteso già a giugno, quando fu presentato il modello da 15, il nuovo portatile sfoggia una risoluzione da 2560×1600 pixel con una definizione di 227 pixel per pollice, 8GB di RAM (senza nessuna possibilità di espansione) e memoria flash fino a 768GB. Tutto in uno chassis da 1,9mm di spessore per 1,6kg di peso, e 7 ore di autonomia. A differenza dal modello da 15 pollici monta solo la scheda grafica integrata Intel HD Graphics 4000, ma in ogni caso riesce sicuramente a rubare un po’ di scena ai suoi fratelli: sottile quasi quanto l’Air da 13 ma con prestazioni maggiori (anche se più caro), più leggero e veloce del modello standard (che costa quanto l’Air ma ha una risoluzione inferiore) e più economico del retina da 15, col quale condivide però tutte (o quasi) le soluzioni tecniche.
Difficile comprendere come Apple voglia far coesistere tre diverse versioni della stessa taglia di macchina: probabilmente, quando i costi di schermo e SSD lo permetteranno, i MacBook Pro che conosciamo oggi usciranno di scena e l’offerta di Apple presenterà solo la linea Air (che ha già soppiantato il MacBook) e la linea Retina (che soppianterà in tutto e per tutto la linea Pro).
Nel complesso, nonostante l’andamento borsistico non abbia perdonato nulla (anzi, ha evidentemente bocciato alcune scelte fatte da Apple), quello di ieri è stato un evento molto importante per comprendere la strada intrapresa a Cupertino, una strada che guarda sempre di più alla mobilità estrema (sia in veste tablet con iPad mini, che nel settore computer con il MacBookPro Retina da 13) e alla ricerca di prestazioni tramite l’adozione standard di memorie flash o dischi ibridi gestiti in modo trasparente per l’utente. Ma soprattutto l’aggiornamento “prematuro” di iPad mostra che Apple mira a tenere alta la guardia in questo settore considerato strategico per il futuro, puntando a processori proprietari che, se sviluppati nella giusta direzione, le daranno un grande vantaggio competitivo.
Domenico Galimberti
blog puce72
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