Ricomincia lo scontro legale da Apple e Samsung: si è aperto ieri con la presentazione del caso da parte dei rispettivi legali l’ultimo processo che vede contrapposte le due aziende davanti ad un tribunale statunitense.
Il nuovo capitolo della saga che si svolge ancora una volta di fronte al banco del giudice Lucy Koh sembra ignorare i capitoli precedenti della storia che ha visto le due sfidarsi a suon di brevetti non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, dall’Europa all’Australia, passando per la Corea del Sud e il Giappone: se è vero che in primo grado Cupertino ha ottenuto di veder condannata la coreana per miliardi di dollari, la decisione deve ora essere affrontata in appello e lo stesso giudice Koh ha chiesto alle due aziende di cercare di trovare un accordo extragiudiziale.
D’altronde, anche se i prodotti interessati dall’accusa sono diversi da quelli dei casi precedenti (si tratta ora di Galaxy III, Note II, Stratosphere e Galaxy Nexus, da un lato, e iPhone 5 dall’altro), gli argomenti trattati sono i medesimi.
L’avvocato di Apple Harold McElhinny è ripartito dall’inizio: accusa Samsung di aver riconosciuto da subito il successo di iPhone e di averne voluto approfittare con ogni mezzo, rubando di sana pianta la tecnologia del melafonino .
Insomma, la nuova tesi di Cupertino sembra puntare a convincere i giurati che i furti brevettuali della coreana siano andati ben oltre i pochi brevetti contestati in quest’ultimo procedimento, che sono invece peraltro relativi a funzioni che appaiono minori, come quello relativo ad un “sistema e metodo per effettuare un’azione strutturata in dati generati dal computer” che rivendica la tecnologia per mostrare gli indirizzi e le date come link all’interno di un messaggio di testo, quello relativo alla sincronizzazione dei dati in background tra diversi dispositivi, quello che copre il sistema di ricerca universale all’interno di un dispositivo, quello che illustra il sistema di completamento automatico del testo digitato ed il più famoso brevetto sul meccanismo slide-to-unlock
Per tutte queste funzioni Apple chiede danni pari a due miliardi di dollari .
Anche la testimonianza di Philip Schiller è apparsa molto simile a quella già offerta nel caso precedente: unica aggiunta, la netta sensazione di trovarsi davanti ad un plagio descritta raccontando il primo incontro con il Galaxy di Samsung.
Samsung, da parte sua, ha sostenuto che i brevetti contestati da Apple rivendichino molto poco e relativamente a funzioni software di minore importanza, e si è descritta solo come un capro espiatorio scelto da Cupertino con l’obiettivo di attaccare in realtà Google, suo acerrimo rivale nel settore .
A sostegno di questa tesi i legali della coreana sventolano gli estratti di una email di Steve Jobs risalente al 2010, in cui l’allora CEO di Apple parla di una “guerra santa contro Android” da portare avanti nel 2011 e in cui segnala come i melafonini siano rimasti indietro rispetto al sistema operativo di Google rispetto ad alcuni funzioni, tra cui la sincronizzazione via cloud, il tethering e il controllo vocale.
A sostegno della tesi della minore importanza delle tecnologie rivendicate da Apple, invece, anche la scoperta dell’utilizzo di una funzione molto simile allo slide-to-unlock da parte della svedese Neonode N1m e ben prima di iPhone.
Claudio Tamburrino