Anche nell’ultimo scontro legale tra Apple e Samsung le giurie popolari costano un’altra sconfitta alla coreana: stavolta, però, può sicuramente sorridere a discapito di Apple.
Dopo la sentenza risalente all’agosto del 2012 con cui Samsung era stata condannata a pagare 1 miliardo di dollari di danni, ora l’azienda incassa una nuova multa, stavolta molto inferiore, solo 120 milioni di dollari che non sembrano poter far gioire Cupertino. Anzi . Quella prima decisione aveva visto la Corte federale accogliere quasi tutte le accuse di violazione mosse dalla Mela e soprattutto le sue valutazioni della proprietà intellettuale in ballo: la sentenza non aveva tuttavia scritto la parola fine all’annoso scontro Apple-Samsung .
Le due, infatti, si sono continuate a sfidare non solo in seguito al ricorso della coreana che chiedeva il ricalcolo della multa, in particolare relativamente ai 450 milioni legati alla valutazione dei brevetti di design (per cui nell’ordinamento statunitense c’è un sistema più complicato di calcolo), ma con l’apertura di un nuovo fronte della loro guerra brevettuale sempre presso il tribunale presieduto da Lucy Koh.
Nonostante il giudice federale avesse richiamato più volte l’attenzione sulla futilità della gestione della diatriba presso un tribunale, tanto da invocare a più riprese una conclusione stragiudiziale della faccenda, il nuovo procedimento ha praticamente ignorato i capitoli precedenti dell’infinita saga brevettuale che ha già visto le due aziende susseguirsi tra accuse e difese nei tribunali di mezzo mondo.
La questione rimaneva la stessa: la presunta violazione di una manciata di brevetti (con relativa valutazione) relativi al design dei prodotti con la Mela, ad alcune loro funzionalità ed i brevetti coreani essenziali a tecnologie standard e non.
Stavolta, tuttavia, vi erano delle differenze sostanziali, dovute al fatto che in ballo ci fossero principalmente brevetti software (impiegati dal sistema operativo adottato dai device, Android) che hanno spinto Google ad intervenire in aiuto della coreana, e che Samsung fosse stata quasi costretta a non calcare sui suoi brevetti legati a standard e che, in particolare secondo le autorità europee, hanno bisogno in quanto tali di cautele ed equilibri particolari.
Così, il nuovo procedimento si è svolto soprattutto intorno all’accusa di Cupertino con al centro il brevetto numero ‘414 , relativo alla sincronizzazione dei dati in background tra diversi dispositivi; il numero ‘172 che illustra il sistema di completamento automatico del testo digitato; il ‘959 , che copre il sistema di ricerca universale all’interno di un dispositivo; il ‘647 che rivendica la tecnologia per mostrare gli indirizzi e le date come link all’interno di un messaggio di testo; e forse il più noto, il ‘721 che protegge il sistema slide-to-unlock.
Alla fine gli otto membri della giuria hanno trovato nove dispositivi Samsung in violazione di questi ultimi due brevetti, condannandola a pagare però solo 120 milioni di dollari di danni (di cui 52 milioni per Galaxy S3), e al contempo hanno ritenuto non colpevole il tablet Galaxy 2 (uno dei principali obiettivi di Cupertino) e condannato anche Apple per l’utilizzo indebito di un brevetto di Samsung (158mila dollari di danni).
Apple chiedeva per i suoi cinque titoli 2,191 miliardi di dollari, una media di 33 dollari per ogni dispositivo trovato in violazione, a cui aggiungere poco più di un miliardo per le perdite di profitto registrate da Cupertino in conseguenza della concorrenza scorretta. Al contrario, per Samsung questi titoli valevano al massimo 38 milioni di dollari, trattandosi di brevetti assolutamente non essenziali: oltre al fatto che fossero impiegati dal sistema operativo Android e non dipendessero dai dispositivi Samsung, la coreana metteva in luce come si trattasse di tecnologie neanche più utilizzate da Apple nei suoi device.
Per quanto Cupertino ora cerchi di sfoggiare la nuova sentenza per classificare Samsung come un mero copiatore seriale e cercare di ottenere un blocco alle sue importazioni, insomma, per Apple non si tratta affatto di una vittoria: entrambe le aziende, d’altronde, hanno investito decine di milioni di dollari in spese legali senza di fatto arrivare ad una vera e propria conclusione della vicenda.
Claudio Tamburrino