A Cupertino, si sa, hanno una passione tutta particolare per i vincoli di non-disclosure (NDA) riguardo il software che può girare, essere programmato o venduto sull’Apple Store agli utenti. Di come funzioni il kit di sviluppo per iPhone non possono parlare nemmeno coloro che, in teoria, dovrebbero insegnarlo nei college , e ora tale requisito di segretezza è stato esteso anche a quelli che si vedranno rifiutata la distribuzione di una appliance sul suddetto store.
Seguendo la tradizionale politica di ferreo controllo su quello che nell’esclusivo ecosistema della mela può girare e quello che invece non ne è meritevole, Apple ha cominciato a mettere nero su bianco , nei messaggi comunicanti il rifiuto delle applicazioni di cui sopra, che “The information contained in this message is under non-disclosure”. Il software non finirà su iPhone, avvisano gravemente da Cupertino, ma voi non lo dovrete dire in giro e mantenere la frustrazione , la delusione o qualsiasi altra cosa nel segreto dell’animo vostro.
Secondo MacRumors.com la corrispondenza tra gli iProgrammatori e la casa-base già dovrebbe essere secretata dagli stessi vincoli di NDA, ma evidentemente la Grande Mela dell’elettronica di consumo preferisce ribadirlo in maniera chiara e inequivocabile in ogni possibile occasione. Come effetto pratico dell’obbligo di non divulgazione, Apple potrà tra l’altro evitare di dover rispondere alle critiche sulle sue politiche di selezione riguardo i contenuti in vendita per iPhone.
Critiche che si sono fatte ad esempio sentire nel caso del ritiro dallo store dei cloni di celebri brand videoludici di qualche decennio fa, e che hanno tra le altre cose alimentato un gustoso umorismo a base di diagrammi di flusso sulle fasi decisionali attraverso cui passa l’applicazione trombata proprio sul nascere.
Il pensiero corre naturalmente anche a un facile confronto tra iPhone e Android , con Google che ha scelto, al contrario di Apple, una politica del “c’è posto per tutti” senza alcun apparente controllo alla fonte , in maniera non dissimile da quel GoogleTube a cui pure si ispira palesemente lo store delle appliance per il nuovo sistema operativo mobile di Mountain View.
C’è a tal proposito chi già preconizza una sorta di guerra tra il meglio del meglio degli sviluppatori, tutti accasati con Apple e il suo compiaciuto elitarismo monolitico (o, per meglio dire, la volontà di controllo e monopolio su tutto quanto passi per l’iMondo), e il “crapware”, il resto che si affanna a rilasciare pezzi di codice non particolarmente degni di menzione per Android sperando di costruirci sopra un business.
Alfonso Maruccia