Garen Meguerian, la cui figlia di nove anni ha speso 200 dollari in acquisti in-app, con un team di avvocati ha fatto causa ad Apple per “l’istigazione” all’acquisto dei più piccoli, spinti a spendere anche migliaia di dollari, naturalmente dei loro genitori, in acquisti in-app di giochi. L’uomo, insomma, non ritiene che quanto fatto e promesso da Apple su questo fronte sia sufficiente.
La causa, che cerca di ottenere lo status di class action, si concentra sulle tecniche di marketing adottate da Cupertino per i cosiddetti freemium , le app disponibili gratuitamente in una versione limitata che richiedono o semplicemente offrono l’acquisto di livelli, oggetti virtuali o altre opzioni aggiuntive . E che impiegherebbero metodi, nomi e offerte fin troppo appetibili per i più piccoli, arrivando a creare un circolo vizioso.
In particolare sul banco degli imputati app popolari come Villaggio dei Puffi , Tap Zoo e Zombie Farm , già al centro dell’iniziativa di un congressman democratico che ha chiesto e ottenuto l’intervento della Federal Trade Commission sull’argomento.
I casi più pericolosi sarebbero quelli in cui i genitori hanno incautamente concesso ai figli la conoscenza della password.
Il modello, tuttavia, risulterebbe particolarmente rischioso con l’opzione offerta dalle versioni meno recenti di iOS , e superata con l’ultimo aggiornamento proprio per rispondere a questo tipo di critiche : permette di effettuare operazioni via iTunes in una finestra di tempo di 15 minuti senza bisogno di reinserire la password dopo la prima volta . Questo genera situazioni spiacevoli quando il genitore la inserisce per permettere ai figli il download di contenuti gratuiti, per poi vedersi minacciare la carta di credito dalla voglia di acquisto virtuale dei pargoli.
Meno faticoso di chiedere un rimborso a Apple per i guadagni ritenuti illeciti, o di sottoscrivere una class action, sarebbe peraltro creare un account ad hoc per i propri figli, con budget limitato.
Claudio Tamburrino