Apple è stata condannata a pagare 234 milioni di dollari
per la violazione del brevetto 5,781,752 della Wisconsin Alumni Research Foundation (WARF), spinoff per il licensing dell’Università Wisconsin-Madison. Non è ancora stata pubblicata la sentenza, tuttavia a riferire l’ammontare dei danni dovuti da Apple sono Reuters ed il Wisconsin State Journal .
I fatti risalgono a gennaio 2014, quando la fondazione universitaria ha chiamato davanti al tribunale locale l’azienda con la Mela con l’accusa di aver violato il suo brevetto depositato nel 1998, relativo ad una tecnologia per migliorare l’efficienza dei processori : secondo l’accusa, e secondo la sentenza, sarebbe stata incorporata senza le necessarie autorizzazioni negli iPhone 5s, 6 e 6 Plus, nonché in alcune versioni di iPad, con i loro chip A7, A18 e A8X.
La corte di Madison, Wisconsin, già la settimana scorsa aveva respinto la tesi difensiva di Cupertino e confermato la validità del brevetto oggetto della causa: il giudice aveva tuttavia stabilito che per calcolare quanto dovuto da Apple per la violazione dovesse servire un nuovo procedimento destinato a stimare il valore della tecnologia, il mercato di riferimento del chip ed i mancati introiti generati dall’università a causa dell’utilizzo senza autorizzazione da parte di Cupertino.
Sommando questi fattori Apple rischiava un massimo di 862 milioni di dollari di danni , tuttavia secondo il Giudice William Conley la violazione di Apple non è stata volontaria e quindi l’ammontare è alla fine risultato inferiore.
WARF aveva, in sede di procedimento, chiesto circa 400 milioni di dollari, pari a 2,74 dollari per dispositivo con la tecnologia utilizzata in violazione, ovvero il 7 per cento del loro costo: la stessa cifra ottenuta nel 2008 da un accordo raggiunto con Intel. In ogni caso i legali di WARF si dicono ora “molto soddisfatti della sentenza”.
Apple può ancora ricorrere in appello, ma il direttore generale di WARF Carl Gulbrandsen si dice ottimista della possibilità di chiudere la questione con Cupertino in modo tale da sviluppare tra l’azienda e l’università una relazione reciprocamente proficua.
Claudio Tamburrino