James Pinkstone, membro dei team di creativi di Vellum , è l’ultima vittima in ordine di tempo del servizio telematico di Apple noto come Apple Music: il cloud di Cupertino gli ha cancellato 122 Gigabyte di file musicali, alterato i brani rari trasformandoli in streaming commerciale ed eliminando anche le sue creazioni del tutto originali.
Apple Music è progettato per trasformare la raccolta dei brani audio dell’utente (gestiti con iTunes) in un flusso in streaming da servire su richiesta tramite Internet, un modo per risparmiare spazio sul sistema locale e trasformare i file MP3 (provenienti da qualsiasi fonte) in versioni ufficialmente accettate dall’industria discografica e dai server di Cupertino.
Quando non funziona come dovrebbe, o esce dal seminato senza autorizzazione specifica come Pinkstone sostiene gli sia capitato, Apple Music si arroga il diritto di sostituire i brani locali – magari registrazioni rare, live e quant’altro – con le versioni che il servizio considera come accettabili, cancellare enormi quantità di dati e imbrigliare il tutto in misure DRM anti-copia che in origine risultavano assenti .
Il servizio di supporto di Apple non ha consigli migliori da offrire oltre allo stare lontani da iTunes e da Apple Music, sostiene Pinkstone, mentre i 122 Gigabyte di musica sono stati alla fine recuperati grazie a un backup salvato in precedenza.
“Se Taxi Driver lo danno su Netflix – esemplifica Pinkstone – Netflix non viene a casa tua per rubarti il tuo DVD di Taxi Driver”. Con Apple, invece, le cose sono decisamente diverse e i rischi di abuso appaiono concreti.
Alfonso Maruccia