Il lancio dell’atteso servizio Apple Music è avvenuto nei giorni scorsi, in occasione della conferenza per sviluppatori WWDC: già oggetto di polemiche per indiscrezioni relative ai rapporti intrattenuti da Cupertino con la major, già oggetto di indagini formali da parte delle autorità statunitensi, il servizio alimenta ora il chiacchiericcio in merito alla fetta di introiti che prevede di condividere con i detentori dei diritti, nello specifico il mondo indie.
Nei giorni scorsi Digital Music News aveva mostrato quello che appariva essere lo stralcio di un contratto standard sottoposto all’attenzione delle etichette ( non agli autori ), fatta eccezione per le major che hanno probabilmente stipulato degli accordi su misura per il loro repertorio e per i loro artisti. La percentuale promessa nel contratto è pari al 58 per cento dei denari raccolti con le sottoscrizioni degli abbonamenti individuali e familiari.
Alle indiscrezioni dei giorni scorsi si aggiungono ora le dichiarazioni rilasciate a Re/code da Robert Kondrk, incaricato per Apple delle trattative con l’industria della musica: negli Stati Uniti Apple cederà ai detentori dei diritti il 71,5 per cento delle entrate garantire dagli abbonamenti, una cifra che varierà negli altri paesi del mondo e che in media varrà il 73 per cento.
Le cifre illustrate nel contratto e quelle delineate da Cupertino per bocca del suo manager non coincidono: la motivazione sembra risiedere nel fatto che la fetta del 58 per cento non include quanto spetta alle edizioni ma solo quanto previsto per coloro che detengono i diritti sulle registrazioni, mentre il 71,5 per cento rappresenterebbe il totale versato alla globalità dei detentori dei diritti.
Quello che invece coincide è la determinazione di Cupertino nell’ arrogarsi la gratuità dei contenuti per i tre mesi di tempo in cui Apple Music verrà offerto agli utenti senza pretendere un corrispettivo in denaro. Questo processo di conquista degli utenti, fatto di indagini di mercato e promozione, nonché dell’offerta gratuita di un servizio, si stima possa costare a Apple 4,4 miliardi di dollari, vale a dire il sacrificio che Cupertino intende imporre alle etichette che non facciano parte della categoria delle major, che probabilmente subiranno il contraccolpo di una contrazione delle fruizioni sulle piattaforme concorrenti a Apple. Questo trattamento starebbe spingendo le etichette indipendenti a temporeggiare nello stipulare contratti che, in cambio di un atto di fede per ottenere visibilità su una piattaforma che promette di conquistare 100 milioni di utenti, assicurano percentuali di poco superiori a quelle offerte da attori come Spotify, che ne vanta già 20 milioni.
Gaia Bottà