Non si può dire che Apple abbia adottato l’obbligo di Green Pass nei propri uffici, ma poco di manca. Non si tratta infatti di Green Pass nel senso più stretto del termine, poiché quest’ultimo è una creazione europea adottata a livello di istituzioni UE, ma quel che la sede di Cupertino sta chiedendo ai propri dipendenti sembra essere del tutto assimilabile a quel che l’Italia ha imposto dal 15 ottobre al mondo del lavoro. Affinità di principi, probabilmente, e la volontà di tenere strettamente sotto controllo una situazione che in troppe parti del mondo sta nuovamente per sfuggire di mano.
Apple, test e vaccini
Il Green Pass agisce in due modi a salvaguardia dei lavoratori:
- definisce il tasso di rischio di contagio dividendo anzitutto i vaccinati (o i guariti) dai non-vaccinati
- impone un monitoraggio continuo ai non-vaccinati
E così farà anche Apple, seguendo simile metodologia: nessun obbligo vaccinale, ma un’indicazione chiara sullo stato di vaccinazione e, in caso di non-vaccinazione, due test a settimana per certificare il fatto di non essere stati contagiati. Apple non ha dunque voluto imporre il vaccino per decisione propria, ma potrebbe presto doverlo fare per un obbligo legato ad esigenze differenti. L’amministrazione Biden, infatti, ha richiesto il vaccino obbligatorio in tutte quelle aziende che forniscono prodotti o servizi alla Casa Bianca. Apple, per poter proseguire questo rapporto, dovrà allinearsi.
I vaccinati dovranno dichiarare l’avvenuta erogazione entro il 24 ottobre. L’obbligo dei test avrà invece inizio a partire dal 1 novembre. A differenza del Green Pass, anche i vaccinati dovranno effettuare test una volta a settimana utilizzando appositi kit casalinghi: Cupertino usa dunque regole ancor più stringenti, intravedendo così in questo speciale regime il modo migliore per uscire dal tunnel del Covid-19 senza ulteriori quarantene, lockdown e chiusure aziendali.