Nelle contrattazioni after-hour di ieri il titolo AAPL è cresciuto oltre quota 136 dollari per un motivo chiaro: l’ennesima trimestrale Apple sopra le righe, con un aumento del 54% degli introiti rispetto ad un anno fa e performance migliori rispetto a quanto non indicassero gli analisti alla vigilia. Secondo il CEO di Cupertino, Tim Cook, “questo trimestre riflette sia il modo in cui i nostri prodotti hanno aiutato i nostri utenti a trovare soddisfazione nelle loro vite, sia l’ottimismo dei consumatori nel sentire che hanno di fronte a sé giorni migliori“.
Apple, ennesima trimestrale d’oro
Luca Maestri, CFO, parla esplicitamente di orgoglio per le performance registrate in questo trimestre: un orgoglio che si quantifica in 24 miliardi di dollari in cassa e 23 miliardi restituiti agli azionisti (aumenta del 7% anche il dividendo), cifre che autorizzano grande ottimismo per il prossimo futuro e nuovi investimenti di lungo periodo – tra i quali un’operazione di buyback da 90 miliardi di dollari.
+65,5% con la linea iPhone, +70,1% sul ramo Mac e +79% in quanto agli iPad. Così come già palesato nei numeri di Google e Microsoft, proprio la pandemia ha offerto un’autostrada al mercato dei big della tecnologia poiché è tramite i loro device ed i loro servizi che gli utenti hanno potuto soddisfare i propri bisogni durante i difficili mesi dei lockdown, dello smart working, della didattica a distanza e dell’isolamento. L’accelerazione impressa dalla pandemia dall’aprile scorso ad oggi si è riversata con forza nelle casse della Silicon Valley ed ora la borsa si chiede quanto possa durare questo momento. La sensazione è che gran parte di questo vantaggio possa diventare strutturale nei bilanci del mondo tech, alzando l’asticella in modo permanente in virtù del fatto che si è semplicemente accelerato in una direzione che era comunque ormai segnata: quella della trasformazione digitale.
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La sfida principale per Apple (ma anche per Google) è semmai in aspetti giuridici che, al di là di eventuali sanzioni che affonderanno le mani in casse piene di cash disponibile, rischiano di intaccare modelli di business estremamente proficui. A partire dall’antitrust europea, ma arrivando anche alle vertenze aperte negli USA, il rischio è che il profilo dei brand più importanti possa essere ridefinito da una presa di posizione simile a quella che anni addietro ha rallentato la corsa di Microsoft. Il biennio 2021-22 potrà dire molto in tal senso.