La reazione che ci si aspettava dopo la valanga di critiche è arrivata: Apple avrebbe ritirato dal mercato la contestatissima app “anti-gay”.
L’applicazione, in vendita su App Store da più di un mese, ha scatenato polemiche accesissime tra la comunità gay e l’organizzazione cattolica Exodus International , produttore del software: i primi rifiutando in ogni modo l’accostamento tra malattia e omosessualità, i secondi ribadendo la potenziale utilità dell’app.
La comunità LGBT, poi, ha contestato duramente la Mela e il suo CEO, considerati questa volta veicolo di propaganda. E così, dopo ben 146mila firme raccolte in poco tempo per chiedere il ritiro della app, Apple sembra aver ceduto.
Su App Store, infatti, l’applicazione risulta “non più disponibile”, ma non è del tutto chiaro , del resto, se la decisione di Cupertino dipenda strettamente dalle critiche degli ultimi giorni dal momento che l’azienda non ha ancora emesso un comunicato o una dichiarazione ufficiale sul caso.
Per questo motivo le associazioni in difesa dei diritti dei gay sollecitano i cittadini nel proseguire con la raccolta di firme contro un’applicazione i cui sostenitori considerano l’omosessualità come “un problema generato da diverse cause dal quale è possibile liberarsi attraverso il supporto di persone caritatevoli e il potere guaritore di Gesù Cristo”.
L’invito a rimuovere l’applicazione rivolto a Steve Jobs è arrivato anche da parte del dottor Gary Remafedi, direttore del Youth and AIDS Projects, il quale avrebbe accusato Exodus di distorcere le ricerche sull’omosessualità da lui condotte. In una lettera indirizzata a Apple, Remafedi afferma che l’app cita erroneamente la sua ricerca nel tentativo di supportare l’idea secondo cui l’omosessualità potrebbe essere curata e giudicando così il comportamento di Exodus professionalmente ingiurioso e grave.
Da parte sua, l’organizzazione religiosa afferma di non aver in nessun modo tentato di promuovere la cura dall’omosessualità. Secondo Jeff Buchanan, dirigente di Exodus International, “applicazione anti-gay” sarebbe un’etichetta inventata dagli oppositori per portare avanti un’azione propagandistica volta a stigmatizzare il lavoro svolto dalla comunità e provocare l’esito che è sotto gli occhi degli utenti.
Cristina Sciannamblo