Nei giorni scorsi le accuse mosse da Spotify nei confronti di Apple, messe nero su bianco con l’intervento del CEO Daniel Ek. Il colosso della musica in streaming ha puntato il dito in particolare verso le commissioni trattenute da App Store per le transazioni, citando inoltre limitazioni per i business che fanno impiego della piattaforma e presunte penalizzazioni per chi compete con i servizi della morsicata (in questo caso il riferimento è a Apple Music). La replica non si è fatta attendere.
Streaming: Apple replica a Spotify
La risposta è giunta con un lungo comunicato di cui riportiamo i passaggi più importanti di seguito, in forma tradotta. Uno statement che si apre ripercorrendo la storia di App Store e di iTunes Store, nati supportare rispettivamente l’attività di sviluppatori e artisti. Piattaforme normate da regole ben precise e applicate a tutti i suoi utilizzatori, senza alcuna distinzione.
App Store è una piattaforma sicura che permette agli utenti di fidarsi delle applicazioni e delle transazioni. E gli sviluppatori, dai neofiti alle grandi aziende, possono contare sul fatto che ognuno rispetti lo stesso set di regole. È così che dev’essere. Vogliamo far crescere sempre più business legati alle applicazioni, anche quelli che competono con alcuni aspetti della nostra attività, perché ci spronano a far meglio.
Apple non ricorre a giri di parole e rimbalza le accuse al mittente, sottolineando anzi come in questo modo Spotify abbia intenzione di continuare a sfruttare i vantaggi di cui beneficia attraverso App Store, evitando di contribuire al mantenimento della piattaforma.
Ciò che Spotify chiede è molto diverso. Dopo aver utilizzato App Store per anni così da far crescere in modo significativo il proprio business, Spotify vuol mantenere tutti i benefici dell’ecosistema di App Store, inclusi gli importanti ricavi ottenuti dai clienti di App Store, senza offrire alcun contributo alla piattaforma. Allo stesso tempo, distribuisce la musica che amate pur sostenendo sempre meno gli artisti, i musicisti e gli autori che la creano, tanto da arrivare in alcuni casi a citarli in giudizio.
Da Cupertino la replica è dura e l’intenzione è quella di ribadire l’impegno del gruppo finalizzato a sostenere i creativi, sia quelli che operano nel mondo della musica sia i protagonisti del panorama software.
Spotify ha il diritto di determinare il proprio modello di business, ma ci sentiamo in obbligo di rispondere quando trasforma motivazioni finanziarie in una retorica errata su di noi, su ciò che abbiamo costruito e su ciò che facciamo in supporto a sviluppatori indipendenti, musicisti, autori e creatori di ogni tipo.
Seguono alcune precisazioni relative alla collaborazione tra le parti che, nel corso degli anni, ha portato lo streaming di Spotify a essere integrato in prodotti e sistemi operativi della mela morsicata.
- Apple ha più volte contattato Spotify per aggiornamenti sullo stato dei lavori relativo al supporto per Siri ed AirPlay 2, ottenendo come risposta “ci stiamo lavorando”;
- Spotify è profondamente integrato in piattaforme come CarPlay e il suo team dispone degli stessi strumenti offerti agli altri sviluppatori;
- Apple è sorpresa del riferimento ad Apple Watch poiché, in seguito all’approvazione nel settembre 2018, l’app è al momento la più scaricata nella categoria Musica.
Altri aspetti chiariti dalla mela morsicata: la commissione del 30% trattenuta per gli abbonamenti sottoscritti a Spotify mediante il sistema di pagamento gestito da Apple scende al 15% dal secondo anno in poi e la maggior parte degli utenti che si affidano alla piattaforma di streaming lo fa sfruttando la formula free che non porta alcun introito nelle casse di Cupertino.
Spotify non sarebbe ciò che è oggi senza l’ecosistema di App Store, ma ora fa leva sulle sue dimensioni per evitare di contribuire alla nostra piattaforma, penalizzando la prossima generazione di imprenditori. Pensiamo sia sbagliato.
In definitiva, la mela morsicata replica alle accuse mosse nei giorni scorsi da Spotify, smontandole punto per punto. Sintetizzando, secondo Apple il colosso dello streaming vuol continuare a condurre la propria attività e generare utili sfruttando i benefici offerti da App Store, ma senza contribuire al suo mantenimento.
Spotify vuol far denaro dal lavoro degli altri. Non solo cercando di spremere App Store, ma anche artisti, musicisti e autori.