Era solo questione di tempo. Prima Android, poi Chrome, e infine Chrome OS: il numero di comparti in cui Google è divenuta nel corso degli ultimi mesi una concorrente diretta di Apple è cresciuto gradualmente, causando un inevitabile conflitto di interessi per il CEO dell’azienda di Mountain View, Eric Schmidt, da anni anche membro del consiglio di amministrazione di Cupertino. Un divorzio consensuale come quello annunciato apparirebbe dunque la scelta più ovvia: ma è inevitabile pensare che le frizioni delle ultime settimane , da Latitude a Google Voice per iPhone, abbiano pesato nella decisione.
“Eric è stato un eccellente consigliere d’amministrazione per Apple – recita il comunicato stampa di Apple, attribuendo la dichiarazione al suo CEO Steve Jobs – Ha investito il suo prezioso tempo, talento passione e saggezza nel contribuire a rendere Apple un’azienda di successo”. Ma tutte le cose belle devono finire: “Sfortunatamente – continua Jobs – poiché Google è entrata sempre di più in competizione con i core business di Apple, con Android e ora con Chrome OS, la effettiva possibilità per Eric di essere un consigliere d’amministrazione di Apple è diminuita significativamente, poiché avrebbe dovuto sottrarsi a un sempre maggiore numero dei nostri incontri a causa dei potenziali conflitti di interessi”.
La conclusione di Jobs pare molto serena: “Quindi, abbiamo deciso di comune accordo che questo fosse il momento giusto per Eric di rassegnare le sue dimissioni dal consiglio d’amministrazione di Apple”. Sullo stesso tono la dichiarazione, parallela, di Schmidt : “La mia permanenza nel consiglio di amministrazione di Apple è stata molto soddisfacente – chiarisce il CEO di Google – È un’azienda fantastica. Ma come Apple ha spiegato oggi, abbiamo convenuto che fosse sensato per me dimettermi”.
Un divorzio consensuale, così viene descritto (ma non tutti sono d’accordo, e lo stesso Schmidt non più tardi di venerdì scorso rimaneva fiducioso sulla sua permanenza): ma è un divorzio maturato sempre più con il passare dei mesi, ampiamente previsto dagli analisti e dagli addetti ai lavori, e che senz’altro modificherà – non è dato ancora sapere se in meglio o in peggio, ma di certo i pessimisti saranno senz’altro la maggioranza – i rapporti fin qui molto solidi e molto proficui tra le due aziende . Basti pensare alla applicazione per Google Maps presente su iPhone, un capostipite del genere che ha fatto scuola anche sui cellulari Android (e non solo).
D’altra parte il numero di prodotti concorrenti tra le due aziende è ormai significativo: Gmail e MobileMe, Android e iPhoneOS, ChromeOS e Mac OSX, per non parlare dell’approccio al cloud computing tentato da Apple con le sue recenti versioni delle sue suite di produttività iLife e iWork che vanno a cozzare contro i vari Google Docs, Picasa etc. La goccia che ha fatto traboccare il vaso forse non sarà possibile individuarla: ma con una indagine federale , lanciata da FCC al termine della scorsa settimana, che vede Apple e Google su versanti differenti e opposti e che pende sul capo di iPhone e di Google Voice, la poltrona di Schmidt nel campus dell’Infinite Loop si era fatta senz’altro rovente.
La notizia, peraltro, non sembra aver scosso più di tanto i mercati azionari: sia Google che Apple, come ormai abitudine nei mesi passati, fanno registrare segno più nella seduta odierna di Wall Street, rispettivamente con un +1,5 e un +1,1 per cento (rilevamento delle ore 12:00 EST ) di poco superiore all’indice Dow Jones e Nasdaq.
Difficile, in ogni caso, a questo punto trarre delle conclusioni sulle conseguenze di queste dimissioni. Allo stato attuale un rapporto di collaborazione tra Google e Apple per la fruizione dei servizi della prima sui dispositivi della seconda non sembra essere in discussione : comunque la si guardi, iPhone (tanto per fare un esempio) è un cellulare che al momento ha venduto decisamente più dei vari smartphone Android in circolazione, e dunque BigG ha tutto l’interesse a continuare a far proseguire la fruizione dei propri prodotti sul melafonino.
In prospettiva , tuttavia, Earth, Gmail, Maps e i molti altri servizi che Google spesso offre gratuitamente al pubblico potrebbero garantire esperienze di utilizzo diverse a seconda del dispositivo che si sta utilizzando : un client dedicato per Latitude, già oggi, esiste per Android e non per iPhone – per scelta di Apple, a quanto pare – e se tra un anno questo trend dovesse consolidarsi per altri servizi e altre API (una su tutte, forse la più importante, quella di Maps) per Apple la faccenda potrebbe farsi complicata.
Non è possibile escludere che invece i rapporti tra le due aziende non proseguano cordialmente su canali di reciproca e fruttuosa collaborazione. Una cosa, invece, appare certa : per Apple ormai Google è un concorrente credibile , dunque vuol dire che l’offerta di BigG per quanto attiene cellulari, applicazioni di produttività, sistemi operativi e quant’altro è abbastanza solida da meritarsi il rispetto di un nome affermato nel settore. Un punto in più per Google, un avversario in più per tutti gli altri concorrenti sul mercato.
Luca Annunziata