L’azienda In Icon che le produce ha deciso di rimuovere dal mercato e interrompere la produzione delle action figure raffiguranti Steve Jobs: una scelta, dice , dettata dal rispetto per la famiglia Jobs .
L’intento iniziale delle action figure era d’altronde una sorta di commemorazione del fondatore dell’azienda con la Mela, ma contro la commercializzazione delle bambole del compianto fondatore di Apple erano arrivate pressioni non solo dagli avvocati di Apple, ma anche da quelli della famiglia Jobs.
Al contempo, l’ azienda insiste nel dire che non c’era niente di illegale nei pupazzi: non utilizzavano alcun marchio o prodotto Apple e l’icona fatta di scarpe da ginnastica, jeans e dolcevita nero del compianto CEO non costituisce un marchio tutelabile.
Secondo la normativa di molti degli stati USA, le immagini di celebrità non-attori non sono protette dalla proprietà intellettuale dopo la loro morte : mentre da vivo Steve Jobs aveva la possibilità di rivendicare i diritti di sfruttamento della propria immagine (e l’ha fatto chiedendo e ottenendo la rimozione da eBay delle action figure prodotte da M.I.C. Gadget), una volta deceduto tale diritto decade.
Per questo sembra poter essere confermata l’ipotesi che sia stato più lo scrupolo morale che le pressioni legali ad aver fatto fare marcia indietro a In Icon.
D’altra parte, l’avvio della macchina legale di Apple, partita con una lettera di diffida, avrebbe significato una battaglia lunga e costosa, per cui è anche logico supporre che l’azienda abbia calcolato che il gioco non valesse la candela.
La prima conseguenza del ritiro dal mercato delle bambole è che il valore delle action figure già vendute (originariamente costate 130 dollari) sia schizzato in alto fino ad arrivare anche a raggiungere i 3mila dollari nelle aste online.
Claudio Tamburrino