Roma – La settimana scorsa Apple ha finalmente lanciato l’atteso successore dell’iBook, il MacBook , un portatile consumer leggero e compatto che, come i fratelli maggiori, utilizza il processore Core Duo di Intel.
La configurazione hardware del MacBook non ha destato troppe sorprese: oltre allo schermo da 13 pollici wide-screen ed il case con due colorazioni (bianca e nera, come nella linea iPod), tutte le novità del MacBook si sono già viste nella serie Pro. Tra queste vi sono la webcam integrata iSight, il connettore magnetico per il cavo di alimentazione e il trackpad a due dita.
Rispetto all’iBook, le novità sono invece ben più corpose. Nel MacBook troviamo ad esempio un nuovo tipo di tastiera, la cui ergonomia è ancora tutta da verificare, e lo schermo lucido (disponibile in opzione anche sui MacBook Pro), che se da un lato offre maggiore profondità alle immagini ed esalta il nero, dall’altro è più soggetto ai riflessi e, secondo alcuni esperti di grafica, è meno fedele nella resa dei colori.
Rispetto al suo predecessore, che possedeva una scheda video di ATI, il MacBook adotta un chipset grafico integrato di Intel (come il Mac mini): questa soluzione ha permesso ad Apple di abbassare i costi e, nello stesso tempo, evidenziare la linea di demarcazione con la linea Pro. Nonostante il display più generoso, il nuovo portatile è sensibilmente più leggero e più sottile rispetto al precedente iBook.
Riguardo al prezzo, resta il mistero dei 200 euro in più del modello nero, la cui unica differenza rispetto al modello bianco sta nella dimensione dell’hard disk (80 GB nel nero, 60 GB nel bianco), differenza che la stessa Apple quantifica in 50 euro nelle opzioni BTO (basta selezionare un MacBook bianco e provare ad aggiungere un disco da 80 GB). La differenza di prezzo è probabilmente giustificata dall’impiego, nel MacBook nero, di un materiale più resistente a graffi e abrasioni: anche in questa ipotesi, tuttavia, il divario di prezzo appare comunque eccessivo.
Guardando indietro, verso la precedente linea di portatili, possiamo notare che Apple è andata nella direzione della semplificazione dell’offerta, riducendo le varianti disponibili: se l’iBook era disponibile in versione da 12″ e da 14″, per il MacBook c’è un unico monitor wide-screen da 13″, benché le colorazioni siano adesso due. Nella linea Pro, che ha sostituito quella dei PowerBook, è invece scomparso il modello più piccolo, con monitor da 12″: ad oggi non è dato sapere se in futuro verrà lanciato un MacBookPro da 13″.
La semplificazione della linea consumer è senz’altro condivisibile, anche perché il precedente modello da 14″, seppure più grande, offriva la stessa risoluzione del modello da 12″. Viceversa, un MacBook Pro da 13″ con case in alluminio, una scheda video più potente, uno slot di espansione ExpressCard, e un prezzo ragionevole (con corrispondente revisione di prezzo dell’attuale MacBook nero), credo che sarebbe ben visto da chi ha bisogno di un notebook potente ma molto leggero.
In base alle opinioni degli analisti, il MacBook rappresenta un passo cruciale nella transizione di Apple ai processori Intel, soprattutto alla luce dell’attuale situazione di mercato che privilegia il settore dei portatili: negli ultimi mesi, infatti, l’iBook aveva subito dei cali di vendita proprio in vista dell’imminente rilascio delle nuove macchine. Le previsioni di vendita sono molto elevate sia in virtù dell’attesa creatasi, sia per la giusta scelta di dotazioni e prezzo (che escludendo il modello nero è allineato ai concorrenti di pari livello), sia per il momento del lancio, coincidente con il termine della stagione scolastica. Per soddisfare la domanda, Apple ha pensato bene di accumulare una discreta quantità di macchine a magazzino prima di fare l’annuncio: questo per non ripetere quanto successe con il MacBookPro, che fu disponibile solo dopo diverse settimane dalla presentazione.
A questo punto la transizione dei Mac all’architettura x86 è quasi completa: all’appello mancano solo i PowerMac, ed è facile immaginare che le macchine professionali di Apple resteranno con i G5 ancora per qualche mese, almeno finché non saranno disponibili i processori dual-core di Intel a 64 bit.
Gli attuali Core Duo svolgono più che bene il loro lavoro in sostituzione dei G4, e anche rispetto al G5 single-core che era montato sull’iMac (almeno finché non si tratta di utilizzare Rosetta). Per rimpiazzare i G5 dual-core, usati anche in coppia nella versione “Quad”, sono però necessari dei processori più potenti e del software che li sfruttino a dovere, soprattutto per compensare la riduzione di prestazioni di quei software non ancora disponibili in versione Universal Binary.
I nuovi processori Intel saranno disponibili solo in tarda estate, il che significa che i PowerMac Intel-based potrebbero essere presentati durante la WWDC, la conferenza mondiale degli sviluppatori che quest’anno (forse non a caso) si tiene in agosto anziché in giugno. Una cosa certa è che durante la WWDC verrà presentato Leopard, nuova major release di Mac OS X. Non è difficile immaginare come questa nuova versione del sistema operativo della Mela sarà ottimizzata per l’architettura x86, e probabilmente anche per i 64 bit dei futuri processori Intel. Altre possibili novità su cui abbondano i rumors sono il semprevivo palmare e il tanto chiacchierato telefono cellulare di Apple.
Al di là del fatto che la WWDC non sarebbe sicuramente il giusto teatro per la presentazione di prodotti simili, per quanto riguarda il palmare è probabile che il desiderio degli utenti Mac di portarsi il proprio sistema operativo preferito nel taschino sia destinato a rimanere un sogno ancora per molto tempo.
Apple sembra infatti non avere alcun interesse nel ritentare un’escursione nel mondo dei palmari. Appare invece più probabile, se l’interesse del mercato verso questi dispositivi dovesse crescere, l’arrivo di un “tablet Mac”.
Discorso a parte merita invece il cellulare. La convergenza tra iPod e telefono cellulare, e quindi la possibilità di girare con un oggetto in meno nelle tasche, viene vista da alcuni come una tappa improcrastinabile. Di per sé l’idea sembra centrata ma credo che per realizzare un prodotto vincente la soluzione sia quella di inserire un cellulare nell’iPod piuttosto che non il contrario (esperimento già tentato con scarso successo con il Motorola ROKR ).
L’iPod, che è ormai divenuto sinonimo stesso di player MP3, ha caratteristiche che in un cellulare non si sono mai viste (quale l’elevata quantità di memoria e la ghiera cliccabile) e un’infinità di accessori e soluzioni di utilizzo che lo rendono unico. Nessun cellulare potrà mai sostituire tutto questo, quindi per quanto possa essere scomodo girare con due dispositivi portatili, è difficile pensare che l’iPod possa essere soppiantato in tempi brevi da uno smartphone.
Tutto questo senza considerare che un telefonino, sia per l’uso intensivo che se ne fa sia per ragioni legate alla moda, ha in genere una vita assai più breve rispetto ad un player portatile.
Domenico Galimberti
(Per contattare l’autore scrivere alla redazione )