Apple intende impegnarsi a far rispettare “i più alti standard in materia di responsabilità sociale su tutta la sua catena di produzione” e parla di condizioni di lavoro sicure, rispetto della dignità dei lavoratori e di processi manifatturieri che abbiano rispetto per l’ambiente. Così il nuovo rapporto sulla catena delle forniture di componenti e prodotti finiti redatta da Cupertino per il 2012.
Se per quanto riguarda processi produttivi eco-compatibili Apple aveva già fatto qualche passo propositivo, spinta dai rapporti di Greenpeace e le pressioni di altre organizzazioni a tutela dell’ambiente, ristabilire il proprio impegno a tutela del lavoratori dipendenti dei suoi fornitori significa innanzitutto rispondere indirettamente a tutti quei casi che hanno messo in luce le derive della delocalizzazione delle produzioni in paesi normativamente più permissivi .
Emblematico, sul fronte, è il caso Foxconn : nonostante le parole spese dai produttori occidentali clienti dell’azienda cinese, i dipendenti delle sue fabbriche sono finiti sulle pagine dei giornali, per eclatanti suicidi o per proteste inusuali per il mercato del lavoro cinese.
Se l’ adozione di normative sul lavoro attengono ai Paesi che ospitano tali fabbriche (nel caso di Foxconn la Cina appunto), le aziende occidentali che a esse si appoggiano possono cercare di spingere verso un progressivo miglioramento delle condizioni di lavoro e del rispetto dei diritti umani in questi paesi, imponendo ai propri fornitori di seguire un “rigoroso codice di condotta”, su cui i dirigenti occidentali stessi si impegnano a vigilare pena, per esempio, la sospensione o l’annullamento dei contratti stipulati.
Per rendere trasparente questi rapporti, ora, Apple ha deciso di rilasciare la lista dei suoi fornitori ( 156 aziende ) e un rapporto annuale sulle condizioni di lavoro riscontrate tra i propri fornitori.
Dati evidenziati sono che appena il 38 per cento di tali fornitori risultano, nel 2011, in accordo con il codice di condotta redatto da Apple . Comunque un dato che evidenzia una crescita rispetto al 32 dell’anno precedente.
Questa percentuale lascia naturalmente spazio a parecchie ombre: si evidenziano , per esempio, 67 aziende che hanno utilizzato la riduzione della paga come misura disciplinare, 108 che hanno negato gli straordinari e 90 che hanno superato le 60 ore di lavoro massimo a settimana. In cinque fabbriche, infine, sono state trovate prove di lavoro minorile.
Oltre a queste iniziative private, Cupertino ha deciso di iscriversi alla Fair Labor Association , la rete no profit che monitora le condizioni di lavoro in tutto il mondo e che è stata co-fondata dalla Nike: Apple è la prima azienda ICT a farlo e l’associazione svolgerà i controlli nelle fabbriche dei fornitori come istituto indipendente.
Claudio Tamburrino