L’ultimatum è stato lanciato dal quartier generale di Cupertino: gli editori che vendono contenuti tra i meandri di App Store avranno poco più di quattro mesi di tempo per adeguarsi alle regole dettate dal nuovo servizio di abbonamento interno alle varie applicazioni. Tutte le app dovranno dunque risultare in regola entro e non oltre il prossimo 30 giugno , pena la possibile rimozione dallo store della Mela.
“Concederemo una moratoria a tutte le applicazioni attualmente esistenti su App Store – si legge in un documento inviato da Apple ai vari editori – affinché queste si adeguino alle nostre linee guida. Per assicurarsi che le app restino su App Store, si prega di inoltrare un aggiornamento che sfrutti le API In-App Purchase per l’acquisto dei contenuti”. Entro e non oltre il prossimo 30 giugno.
Le nuove regole imposte da Cupertino hanno nel frattempo provocato le reazioni più dure. In primis quella dei vertici del servizio musicale a sottoscrizione Rhapsody, che hanno risposto per le rime alla filosofia sbandierata dal CEO di Apple Steve Jobs. Una filosofia altrettanto semplice quella di Rhapsody, che potrebbe presto portare al superamento di una linea di confine.
Gli acquisti interni imposti da Apple sul suo store rappresenterebbero un modello destinato al malfunzionamento, in particolare per quella trattenuta del 30 per cento prevista dall’azienda di Cupertino. Il business di Rhapsody avrebbe anche altre percentuali da versare, ai detentori dei diritti, alle etichette, agli editori musicali .
In un recente comunicato stampa, i vertici di Rhapsody hanno quindi paventato una possibile cooperazione tra editori per avviare una causa antitrust contro Apple . La questione appare però in tutta la sua delicatezza: sarebbe possibile vedere le nuove regole della Mela come una pratica di business anticompetitiva? Il parere di vari esperti è sembrato chiaro : una causa è possibile qualora Apple risulti come un soggetto dominante.
Come un monopolista, cioè, in settori come quello dei tablet e in generale delle pubblicazioni digitali: la posizione di Apple potrebbe essere considerata dominante qualora raggiungesse il 60 per cento del mercato. Secondo una recente analisi in terra statunitense, la Mela avrebbe una fetta pari all’82 per cento nel mercato delle app mobile , con ricavi complessivi di quasi 2 miliardi di dollari .
E Apple potrebbe sempre ribadire il fatto che tutti gli editori sono liberi di preferire altre piattaforme distributive, ma soprattutto che il mercato da considerare effettivamente includa tutti i publisher cartacei e digitali. La Online Publishers Association – che rappresenta editori come Time e Condé Nast – teme che il nuovo modello per gli acquisti interni non garantisca una sufficiente flessibilità .
C’è chi ha già iniziato ad ipotizzare un futuro al di là dei confini di App Store, come ad esempio Sony, la cui app era stata rifiutata perché legata esclusivamente ad un marketplace esterno. Qualcuno ha suggerito una sorta di esodo degli editori nei web store HTML5 , con la possibilità di offrire contenuti in abbonamento direttamente nel browser.
Mauro Vecchio