A metà novembre, Apple ha presentato un ricorso contro la decisione della Commissione europea di inserire App Store tra i “Core Platform Service” che devono rispettare il Digital Markets Act (DMA) a partire dal prossimo 6 marzo. Emergono ora alcuni dettagli sulle “scuse” dell’azienda di Cupertino per non dover aprire il suo walled garden.
Gli App Store sono cinque
Apple è stata designata come gatekeeper all’inizio di settembre. I servizi che soddisfano i requisiti minimi (45 milioni di utenti attivi al mese) sono App Store, iOS e Safari. La Commissione europea aveva stabilito che i sistemi operativi (iOS, iPadOS, macOS, watchOS e tvOS) devono essere considerati distinti, quindi solo il primo è stato inserito tra i “Core Platform Service”.
L’azienda di Cupertino vuole ottenere la stessa distinzione per App Store. Nel ricorso presentato al Tribunale dell’Unione europea viene evidenziato che gli store sono cinque, quindi la Commissione europea ha fatto “errori materiali” considerando un singolo App Store. In pratica, Apple afferma che ci sono store separati per iPhone, iPad, Mac, Watch e TV. Complessivamente il numero di utenti attivi mensili è circa 123 milioni, ma singolarmente nessuno supera la soglia dei 45 milioni.
Una seconda contestazione riguarda iMessage. L’azienda di Cupertino ritiene che non dovrebbe essere considerato un “Core Platform Service” perché non è un servizio a pagamento e non viene monetizzato con la vendita di dispositivi hardware o tramite il trattamento di dati personali. La Commissione ha già avviato un’indagine sulla questione che terminerà entro febbraio.
Apple potrebbe avere buone chance di vittoria, in quanto ha promesso il supporto per RCS (Rich Communication Services) e quindi una maggiore interoperabilità. In attesa dell’esito del ricorso, Apple dovrà comunque rispettare il DMA a partire dal 6 marzo.