Dopo aver dato il la a un nuovo chip della serie Cortex-M , ARM ha ora presentato una nuova piattaforma per sistemi embedded e Internet delle Cose (IoT) chiamato semplicemente mbed . L’obiettivo è lo stesso dei succitati processori Cortex-M, vale a dire investire su un mercato, quello della IoT, che secondo gli analisti dovrebbe rappresentare un business multimilardario da qui a pochi anni.
Al centro di mbed si trova un sistema operativo gratuito specificatamente pensato per applicazioni e apparati IoT (mbed OS), un sistema gratuito che vorrebbe replicare in ambito IoT la stessa popolarità già conosciuta dalle distro Linux su PC desktop e Android su gadget mobile. ARM vuole trasformare mbed nel Linux del mercato IoT, quindi, ma diversamente da quanto successo con Google Android non ha intenzione di permettere lo stesso livello di frammentazione: le parti essenziali della nuova piattaforma verranno controllate in maniera diretta dall’azienda britannica.
Mbed è progettato per essere integrato sui dispositivi, i sensori e gli elettrodomestici destinati a operare nel nuovo mondo iper-connesso della Internet delle Cose, ed è stato quindi progettato per consumare pochissima energia (con batterie destinate a durare per mesi, invece di ore com’è lo standard oggi per i cellulari) e sostituirsi ai sistemi in tempo reale sin qui adoperati per le commodity Internet-compatibili.
L’offerta mbed include poi mbed Device Server, componente che ARM intende fornire sotto licenza e che dovrebbe servire a facilitare la raccolta di informazioni sui dispositivi IoT, la sicurezza, l’integrazione e la comunicazione tra i vari componenti. Completa l’offerta mbed.org , cioè quello che per ARM rappresenta in punto di ritrovo di produttori e sviluppatori al lavoro sul nuovo sistema con la possibilità di accedere a un elenco dei partner, alla documentazione, al codice sorgente e a tutto quanto possa servire per impegnarsi in questo settore.
Sia come sia, l’iniziativa mbed rappresenta l’ennesima scommessa su un mondo, quello degli oggetti iper-connessi, delle comunicazioni M2M (machine-to-machine) e dei sensori ubiqui accessibili via Internet, che secondo le ultime stime dovrebbe pesare qualcosa come 196 miliardi di dollari da qui al 2020 .
Requisito fondamentale del paventato boom del mercato IoT ed M2M è che le aziende si convincano della profittabilità di questo genere di business ancora nascente, uno sforzo che ha tra l’altro spinto Intel – altro colosso dell’IT che prova a estendere il proprio dominio tecnologico oltre il mondo delle CPU per computer – a riconvertire il proprio impianto di produzione di Penang, in Malesia, adoperando dispositivi IoT e CPU Atom per ottimizzare i processi produttivi e riuscire a risparmiare 9 milioni di dollari grazie alla tracciabilità e alle possibilità offerte dalle tecnologie di connessione ubiqua di ogni oggetto presente nello stabilimento.
Alfonso Maruccia