Mentre si avvicina la scadenza ultima entro cui potrebbero chiudersi i negoziati relativi all’articolo 13 della riforma sul copyright, iniziano a sorgere dubbi sul modo in cui il problema è stato approcciato dopo l’approvazione della riforma da parte del Parlamento Europeo. La timeline è quella stilata da Julia Reda sul proprio blog:
- 18 gennaio: i governi nazionali voteranno sulla posizione del Concilio e le attenzioni sono tutte sul governo italiano poiché, più di altri, ha espresso una posizione nettamente contraria alla riforma;
- 21 gennaio: giorno della possibile finalizzazione del negoziato che coinvolge Parlamento e Concilio Europeo;
- Marzo/Aprile: voto finale al Concilio Europeo;
- Marzo/Aprile: voto finale al Parlamento Europeo.
Articolo 13, serve una pausa
Ma con l’avvicinarsi delle scadenze, e dopo aver passato l’importante scoglio del voto al Parlamento, la direttiva torna a scricchiolare. All’interno di un documento (pdf) indirizzato ai presidenti Donald Tusk, Jean-Claude Juncker e Antonio Tajani, un gruppo di stakeholder ha chiesto espressamente la sospensione cautelativa dei negoziati sull’articolo 13. L’importanza del documento non sta soltanto nel testo, ma anche nelle firme poiché elenca nomi quali ANICA (a firma del presidente Francesco Rutelli), Confindustria Radio Televisioni (a firma del Direttore Generale Rosario Alfredo Donato), MPA, Premier League ed altri grandi agglomerati. E la richiesta è del tutto esplicita:
Come rappresentanti del settore dell’audiovisivo sui mercati europei, siamo estremamente preoccupati per la direzione che hanno preso i negoziati sull’articolo 13 della Direttiva Copyright nel Digital Single Market, poiché la soluzione che è sotto scrutinio è peggiore rispetto all’attuale quadro legislativo.
Una direttiva che va a peggiorare la situazione, insomma: la lettera spiega che, benché sia comprensibile il fatto che si vogliano chiudere i negoziati prima delle elezioni europee per portare a casa il risultato, in questa fase occorrerebbe un attimo di pazienza. I firmatari chiedono quindi che i negoziati possano essere sospesi, si possa ragionare sul tema anche alla luce di alcune attese sentenze della Corte Europea di Giustizia (viene segnalato in particolare il caso C-682/18 relativo a YouTube e attualmente pendente). Quella che doveva diventare la direttiva anti-YouTube, insomma, rischia di essere un freno all’intero mondo dell’audiovisivo: ad emergere in dirittura d’arrivo sono quindi tutte quelle contraddizioni che da più parti erano state espresse e che ora stanno rimescolando le carte quando ormai il mazzo era servito.
Attendere ora, rettificare poi
All’interno delle argomentazioni si ricorda che le normative sul copyright in Europa sono tutto fuorché omogenee e gli attuali negoziati non terrebbero debitamente in considerazione questo aspetto: non si chiede di invertire la rotta, quindi, ma soltanto di fermare la procedura e di lasciar tempo al tempo. Il che equivale però ad uno slittamento di ogni decisione dopo le elezioni europee, lasciando così le carte in mani altrui e magari con differente orientamento politico. Una lettera, quindi, dal sapore particolare e che prelude al tentativo di far giungere in porto la direttiva soltanto in un momento più opportuno.
Negotiations around Article 13 are still on going. But that doesn't mean creators have stopped speaking out! @French_Waves met up with Internet platforms @Twitch and @Patreon to get their take on how Article 13 will impact European creators #SaveYourInternet pic.twitter.com/tfZjpjYqRe
— Create.Refresh (@CreateRefresh) January 15, 2019
La firma dell’MPA porta nella battaglia anche il mondo di Hollywood, evidentemente preoccupato per la definizione di “safe harbour” che scaturisce dall’interpretazione della direttiva. La sensazione è che l’industria cinematografica inizi a sentire la riforma come sfuggita di mano e che, dopo averne sostenuta l’approvazione, ora preferisca cercare di riportare i buoi nel recinto in qualche modo. Con una pausa di riflessione, anzitutto, per giungere ad una rivalutazione del tutto a bocce ferme, a urne chiuse e ad equilibri politici europei già riscritti.
Su questi sussulti – per certi versi inattesi – tornano in ballo le 70 firme contro l’articolo 13, tornano a farsi sentire gli Anonymous, tornano a tuonare gli attivisti del #SaveYourInternet e il fronte anti-art.13 torna a compattarsi. Si aprono giorni decisivi, insomma, e l’Italia è al centro della questione: il pallino passa al Governo.