Roma – Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa diffuso da Assoprovider , in cui l’associazione commenta l’introduzione di Open Access.
Assoprovider si augura che la questione dello Scorporo della rete Telecom non si chiuda con Open Access, una furba trovata di Telecom Italia che approfitta del vuoto politico per proporre una falsa soluzione al problema della concorrenza nel mercato italiano delle TLC.
Open Access non è Open Reach, come ha sottolineato Franco Bernabè, amm.re delegato di Telecom Italia; lo stile inglese, d’altronde, non è mai piaciuto a tutti i corpi dirigenti che si sono alternati nell’incumbent.
Open Access non è la separazione con una società ad hoc della rete, l’unica che consentirebbe un reale controllo dell’accesso alle risorse, ivi inclusi la parità di costo, bensì un bel maquillage senza possibilità di riscontro nei conti e nei bilanci di una società dedicata solo al “service” degli operatori.
Quello che più ci ha lasciato perplessi sono state le prime dichiarazioni di Agcom, che sembravano accantonare l’impegno per un intervento netto e risolutivo e ritenere Open Access una risposta sufficiente alla mancanza di concorrenza in Italia, dimenticando l’ultimativa sentenza A351 del 2005 dell’Authority per la Concorrenza ed il Mercato, allora capeggiata dal Prof. Tesauro, che condannava Telecom Italia per “abuso di posizione predominante, concorrenza sleale e pratiche predatorie sul mercato delle telco”.
Per fortuna è intervenuta la Commissione europea a smorzare i toni idilliaci che si respiravano in Italia, constatando che Open Access non è sufficiente e ribadendo la superiorità del modello inglese di Ofcom; così anche Calabrò ha fatto timidamente marcia indietro nelle sue ultime dichiarazioni, prendendo tempo per valutare quanto sia appropriata la soluzione proposta.
Ci auguriamo quindi che non si finisca per accantonare un serio progetto di separazione della rete a favore di un’operazione “all’italiana”: in Telecom Italia cambiamo compagine societaria, dirigenza, strutture interne, e quindi, gattopardianamente , “Cambiamo tutto per non cambiare nulla!”.