Roma – Maggiore concorrenza nel mercato della telefonia e della connettività significa tariffe e servizi migliori per i consumatori? E come ci si può arrivare? Dopo il convegno di ConfCommercio sulla banda larga, Punto Informatico ne parla con il presidente di Assoprovider Matteo Fici , che in quella sede ha lanciato 10 proposte per lo sviluppo del settore.
Punto Informatico: Assoprovider ha chiesto che Telecom Italia venga separata in due aziende, una dedicata ai servizi ed una alla rete. Pensate ad un modello sul tipo British Telecom?
Matteo Fici: In Italia abbiamo tanti pregi, siamo allegri, abbiamo il sole, il mare, e però abbiamo anche qualche difettuccio in più degli inglesi, e sicuramente nell’antitrust, nelle garanzie che il mercato richiede per permettere a nuove aziende di nascere e prosperare, accanto agli ex monopolisti, gli inglesi ci superano (e ci precedono temporalmente) di gran lunga.
A dimostrazione di ciò, quello che è sufficiente in Inghilterra in Italia purtroppo non lo è, visto che Telecom Italia all’ultimo convegno in ConfCommercio ha sostenuto che in Inghilterra, la loro authority, OfCom, abbia copiato su British Telecom (BT) quello che è stato fatto in precedenza in Italia riguardo la separazione (contabile e di comunicazione) fra le direzioni di Telecom Italia.
E però BT ha ora il 35 % del mercato ADSL, e in Italia Telecom Italia continua ad avere una quota da vero incumbent, ovvero il 75 %. Nel mondo anglosassone, cui i latini non appartengono nel bene e nel male, hanno pure inventato tecniche come il blind trust, e lì le applicano seriamente.
PI: E allora qual è la soluzione dal vostro punto di vista?
MF: Quindi, visto che in Italia latini siamo, l’unica soluzione efficace sarebbe proprio spezzare veramente in due aziende diverse la nostra attuale Telecom Italia. Le due entità così create avrebbero a quel punto reali difficoltà a cooperare per ostacolare la concorrenza esterna; viceversa oggi fra attivazioni indesiderate, KO tecnici sulle attivazioni delle ADSL della concorrenza, prezzi in dumping con assenza delle offerte wholesale, la separazione “blanda” in Telecom Italia non funziona.
PI: Certo non è una soluzione di facile applicazione se si pensa che Telecom al convegno a cui facevi riferimento ha bollato come inattuabile e assurdo lo “spezzatino all’inglese”. Anzi, a suo dire se vi fosse una separazione vera e propria la società che gestisce le infrastrutture non avrebbe neppure interesse ad innovarle e manutenerle a dovere…
MF: A noi interessa che le due anime di Telecom Italia, quella che gestisce la rete e quella che vende al dettaglio, non abbiano un canale privilegiato di comunicazione che penalizza i concorrenti e i consumatori, che si lamentano di come funziona oggi Telecom Italia, come è ben noto. Piccola parentesi, come avrà fatto la commissaria UE Reding ad additare ad esempio di liberalizzazione delle TLC l’Italia?
In Inghilterra lo stesso problema è stato risolto dividendo BT in due entità, mettendo a gestire le due parti board diversi – alcuni componenti del board sono addirittura di nomina della authority inglese, per quel che mi risulta, e garantiscono dunque una amministrazione veramente imparziale verso i dettaglianti.
Fra l’altro, dopo la cura, il gruppo BT a quanto pare gode di ottima salute, visto che continua ad acquistare aziende in tutto il mondo Italia compresa, vedi Atlanet.
A questo punto vorrei capire se l’Italia possa vantarsi veramente di avere preceduto e dato l’esempio agli inglesi, come sostenuto al convegno, e non dall’Authority, ma a me non sembra.
PI: La vostra richiesta su Telecom Italia è condivisa anche da altri…
MF: Nella parte finale del convegno anche altri oratori, che non fanno certo gli ISP di mestiere, hanno mosso le stesse osservazioni e richieste su Telecom Italia. Se fosse rimasto il rappresentante di Telecom fino alla fine della mattinata, come hanno fatto tutti gli altri, le avrebbe sentite, e avrebbe potuto fornire una posizione più completa della sua azienda su questi appunti mossigli.
Telecom Italia invece è intervenuta solo per il tempo del proprio intervento, all’interno del quale ha fra l’altro graziosamente pronosticato la fine di centinaia di operatori concorrenti italiani, basandosi su quello che starebbe succedendo in tutto il mondo civile!
PI: Telecom sta per lanciare la banda larga a 20 megabit indirizzata ai servizi di streaming e IPTV. Sul mercato del broad band, un mercato decollato dopo il 1998, l’anno della liberalizzazione del settore TLC, l’incumbent domina con il 75 per cento dell’utenza. In questo quadro quali sono le prospettive per gli ISP indipendenti?
MF: Se la direzione retail continuerà a tirare fuori offerte per la clientela finale senza produrre prima offerte wholesale che permettano di riprodurre le offerte da parte degli altri concorrenti, come è previsto che avvenga, sarà una guerra continua di tutti contro tutti, come è avvenuto finora.
Siccome il modello di business verso cui tendono tutti gli incumbent, come Telecom Italia, è un triple o addirittura quadruple play in cui la TV e lo streaming sono fondamentali, stiamo certi che l’offerta wholesale sull’Adsl 20 Mb non sarà buona per noi concorrenti; sulla TV conta avere il maggior numero di clienti possibili, secondo la formula di Metcalfe…
PI: Adiconsum ha ribadito al Convegno la necessità di dare alla banda larga il ruolo di “Servizio Universale”, in modo tale da far scattare subito una serie di conseguenze per la sua diffusione, dalla copertura del territorio alle tariffe, che ne consentano lo sviluppo rapido. Come la vedi? E’ una strada praticabile?
MF: Perché no? Adiconsum, se posso citarla, ha pure detto che non ne possono più dei continui problemi creati ai consumatori da Telecom Italia, penso che anche loro propongano ora una soluzione “vera” ai problemi.
PI: Come siamo messi sul Wireless? La liberalizzazione del Wi-Fi sta dando i suoi frutti? Voi proponente l’adozione di standard infrastrutturali e di tecnologie non proprietarie.. Basta questo a lanciare anche in Italia questo mercato? Nei giorni scorsi è arrivato anche l’ulteriore rinvio del WiMax…
MF: Quello che bisognerà assolutamente evitare in Italia, è il ripetersi dell’allucinante vicenda delle licenze UMTS.
Allora sembrò un buon affare per le casse dello Stato, ma poi si è rivelato un boomerang in termini di mancata apertura del mercato delle comunicazioni italiane, in ritardo nella liberalizzazione del Wi-Fi, oggi del WiMax e così via; il WiMax dovrà prevedere licenze low cost, a dimensione provinciale; inoltre tutto il settore del wireless dovrà svilupparsi come eco-sistema delle frequenze, e questo vale tanto più per il Wi-Fi che lavora su frequenze libere e deve coesistere fra operatori diversi ma anche con dispositivi diversi.
E’ inoltre fondamentale fare rispettare ruoli e regole ai soggetti interessati e fra questi, fondamentale, gli enti locali. Ma questo è un discorso abbastanza generale, che vale anche per il cavo; per questo abbiamo chiesto di creare il catasto nazionale delle infrastrutture TLC, da affittare in wholesale ai concorrenti, per creare finalmente questo eco-sistema e spostare risorse dalla duplicazione inutile di infrastrutture ai servizi da farci girare sopra. In fondo, le infrastrutture sia via cavo che wireless passano sempre sullo spazio pubblico, come le autostrade e le ferrovie.
PI: Rimanendo sulla questione dei controlli: uno dei nodi da sciogliere nelle TLC nostrane è il ruolo delle Autorità, sia quella del mercato che naturalmente quella delle TLC. Proprio al Convegno, l’Autorità TLC ha lamentato tagli ai fondi decisi dall’ultima finanziaria. Come si concilia questo con lo sviluppo della concorrenza nel settore in Italia?
MF: L’AGCOM in questi anni non ha fatto quasi nulla di forte nel nostro settore, il risultato è Telecom Italia al 75 per cento, ritagliandosi una immagine di debolezza strutturale che ha autorizzato qualcuno a tagliarle i fondi, dicendole pure di cercarseli fra i privati; non si sa mai che l’AGCOM decidesse di cominciare a fare il proprio dovere, meglio colpirla quando appare debole e inefficace.
Io voglio ringraziare il commissario di AGCOM D’Angelo perché, contrariamente a qualcun altro, è rimasto pazientemente al convegno dall’inizio alla fine, si è accollato le pesanti critiche di molti oratori, pur essendo lui di fresca nomina e quindi non colpevole per l’operato di chi lo ha preceduto, insomma ha dato l’immagine di una Autorità che, finalmente forse, vuole cambiare stile, ascoltando anche chi la critica; ma per un cambio di stile ora i fondi servono: si troveranno?
D’altra parte servono le garanzie, per ostacolare ventilate operazioni mostruose nel nome della convergenza, tipo alleanze più o meno strette fra Telecom Italia e Mediaset, esperimenti mondiali di convergenza stile “Internet 2 all’italiana”, che stroncherebbero qualsiasi concorrenza degli altri operatori del settore, ma sarebbero di fatto anche la morte della Comunicazione con la C maiuscola in Italia. E’ quindi una cosa pericolosissima per tutti, è necessario che tutti gli organismi di controllo siano vigili, forti e indipendenti.
PI: Si è parlato spesso su Punto Informatico della difficoltà culturale del trasmettere alla politica una conoscenza delle cose della rete e della tecnologia sufficiente a portare al varo di normative che agevolino lo sviluppo e non rappresentino invece inutili fardelli. Assoprovider propone il varo di una Commissione Bicamerale che assuma questo ruolo. In che modo questo aiuterebbe a superare l’ostacolo?
MF: Di Internet hanno finito con l’occuparsi diversi ministeri e diverse commissioni parlamentari, e non tutte competenti, come è inevitabile dato il tema. Questo ha portato al parto di “mostri legislativi”, che curiosamente hanno colpito gli anelli deboli, consumatori e ISP, si veda il P2P.
E non dimentichiamoci l’esperimento di censura su Internet, una primizia mondiale, dei Monopoli di Stato sui siti per le scommesse, su autorizzazione dell’ultima Finanziaria omnibus della 14ma legislatura: se ci fosse stata una entità competente e permanente di consultazione dentro il Parlamento, probabilmente non ci troveremmo in questa situazione, che ci auguriamo venga subito corretta dal prossimo Governo e dal prossimo Parlamento.
PI: In occasione di quello stesso convegno, come segnalato da Punto Informatico, Telecom Italia ha accennato alla questione della “internet a due velocità” sposando in apparenza la necessità di abbracciare questo scenario. Il dibattito sta esplodendo negli USA ed ora si apre anche qui da noi. Che ne pensi? C’è da preoccuparsi?
MF: Certo che c’è da preoccuparsi; mentre la nostra filosofia è rendere utile veramente al paese Internet, creare reti interoperabili, interconnesse ed aperte alla concorrenza, concentrando risorse su servizi a larga banda realmente utili sia ai privati che alle PMI, che permettano di risparmiare soldi e tempo, di diventare più efficienti, Telecom Italia propone Internet 2 per diffonderci su la televisione del futuro (o quello che sarà comunque il futuro broadcasting), e per giunta con una fortissima concentrazione in pochissime mani dei contenuti da inviarci su. Questo è uno dei problemi fondamentali della prossima legislatura e dei prossimi anni.
a cura di Paolo De Andreis