“Rientra nel reato di sostituzione di persona la condotta di colui che crei e utilizzi un account di posta elettronica, attribuendosi falsamente le generalità di un diverso soggetto e inducendo in errore gli utenti della rete Internet, nei confronti dei quali le false generalità siano declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto le cui generalità siano state abusivamente spese”. È quanto stabilito dai giudici della terza sezione penale della Corte di Cassazione, che hanno condannato un 40enne residente a Roma al pagamento di una sanzione pecuniaria di circa 1200 euro.
Il misterioso Andrea A. aveva infatti sfruttato i dati anagrafici di una donna per aprire un account di posta elettronica e creare un nickname su una non meglio specificata piattaforma di aste online.
Una vera e propria truffa – in concorso con un soggetto terzo – ai danni dell’inconsapevole vittima, che si era improvvisamente ritrovata con un fiume di avvisi di mora per il pagamento dei beni acquistati dall’uomo. Giunto in primo grado, Andrea A. si era difeso affermando di aver sfruttato i dati anagrafici solo ed esclusivamente per iscriversi al sito e dunque partecipare alle aste con un nome di fantasia .
Ma, sempre secondo la Cassazione , “la partecipazione ad aste online con l’uso di uno pseudonimo presuppone necessariamente che a tale pseudonimo corrisponda una reale identità, accertabile online da parte di tutti i soggetti con i quali vengono concluse le compravendite”. In altre parole , l’uso di un nickname – che pure è legittimo quando si partecipa alle aste – non è sufficiente ad eludere una responsabilità penale .
Mauro Vecchio