Non accenna ad estinguersi il fuoco delle polemiche in terra australiana, in merito al piano portato avanti dal ministro per le Comunicazioni Stephen Conroy per un massiccio meccanismo di filtraggio di certi contenuti della Rete. Piano che, a quanto sembra, deve partire innanzitutto da un sito ufficiale come quello dello stesso ministro.
Ad accorgersene per primo, un comune abitante della Rete che ha recentemente pubblicato un post sul forum Whirlpool, Know your ISP . Rupple – questo il suo nickname – ha invitato gli altri membri del forum a dare un’occhiata alla area di destra della homepage del sito ufficiale di Stephen Conroy. Lì dove c’è la tag cloud, contenente più o meno grandi parole chiave, relative agli argomenti principali di discussione.
C’è il termine cybersicurezza, così come quello dedicato al piano nazionale per il digitale. Ma il tag relativo ai filtri manca all’appello. E nemmeno troppo misteriosamente. Come rivelato da Rupple, nello script che genera la tagcloud c’è una linea di codice che non permette in pratica di includere il tag ISP filtering . Con il risultato di farlo sparire dalla nuvola delle discussioni sul sito ufficiale del ministro delle Comunicazioni aussie .
Un errore grossolano, secondo molti osservatori . Gli sviluppatori del sito di Conroy avrebbero dovuto semplicemente inserire l’ordine di esclusione sul lato server, non nel codice in front-end che può essere visualizzato da chiunque. E compreso – nelle sue intenzioni – da chiunque abbia una minima conoscenza delle basi di Javascript.
L’episodio è stato semplicemente un ulteriore pretesto per alimentare la protesta nei confronti dei piani del governo australiano. In Parlamento, la coalizione anti-filtraggio sta diventando sempre più larga, coalizione che sottolinea alle autorità governative come esista il serio rischio di vedere molti contenuti leciti cadere sotto la scure dei filtri contro pedopornografia, violenza sessuale e uso di droghe.
Ed è proprio su questi argomenti che si è basata una domanda posta dal broadcaster ABC ai cittadini australiani, che hanno così risposto – nella misura dell’ 80 per cento – di essere favorevoli ai filtri governativi. Il sondaggio è stato ovviamente sbandierato dalle autorità come una prova, capace di sbaragliare i risultati di un’altra consultazione che ha restituito un 91 per cento della popolazione contrario ad una lista segreta dei contenuti da bloccare.
E nel frattempo c’è chi è tornato a parlare di grande fratello, di una vera e propria ossessione di Conroy nel tentativo di setacciare l’ambiente online. Nel mirino del ministro è finito anche Facebook , dopo che alcune pagine in memoria di due minorenni recentemente assassinati erano state imbrattate con del materiale ritenuto altamente offensivo.
Questo atto di vandalismo da social networking ha convinto il premier aussie Kevin Rudd a considerare l’introduzione di una sorta di ombudsman della Rete , che dovrebbe in pratica agire da mediatore, raccogliere segnalazioni di protesta da parte dei netizen per poi intervenire in maniera repentina ed efficace. Le intenzioni di controllo dei contenuti si rivolgono anche a quei siti specializzati nelle recensioni di videogiochi . In particolare a causa di quei titoli che ospitano contenuti ritenuti non appropriati, classificati come RC, Refused Classification .
Mauro Vecchio