Niente da fare per eBay. La società delle aste, il portalone dell’e-commerce, l’infrastruttura di vendita che anima il commercio in mezzo mondo si è scontrato con le autorità australiane e, per ora, ha perso. Il Garante del mercato locale ha infatti deciso che eBay non potrà rendere PayPal, la sua PayPal, l’unica piattaforma transattiva utilizzabile sul suo sito.
Le ragioni sono evidenti, a detta dell’Antitrust australiano: costringere gli utenti di eBay, tutti gli utenti, a servirsi di PayPal si tradurrebbe in una turbativa della concorrenza. Ergo, non si può fare.
A maggio eBay Australia aveva annunciato ai propri utenti la nuova strategia. Secondo eBay l’utilizzo di PayPal si può tradurre in maggiori tutele per chi vende e chi compra: in virtù del fatto che eBay controlla direttamente PayPal, il sito d’aste si spinge ad offrire garanzie in più, cercando così di attirare nuovi utenti anche tra coloro che sono più timorosi nell’uso degli strumenti di pagamento via Internet.
Allo stesso tempo, però, il ricorso a PayPal sostenuto a tutte le latitudini dal gigante dell’e-commerce non convince chi critica le commissioni che eBay trattiene sulle vendite e quelle che PayPal trattiene sulle transazioni. C’è chi ritiene questo sistema un giochino fatto per ingrassare il sitone anziché agevolare l’e-commerce, chi invece ammette che è un po’ entrambe le cose. Di sicuro c’è che le truffe condotte a spese del nome e dell’immagine di eBay, e naturalmente ai danni degli utenti meno accorti, sono davvero numerose in tutto il Mondo, il che offre una buona sponda al portalone mentre cerca di spingere e sostenere la sicurezza dei propri sistemi, potendo garantirla solo per i sistemi che controlla direttamente.
Il caso australiano è risuonato nell’interlink in questi mesi anche per il clamoroso intervento di Google: interessata a non lasciare campo libero ai propri concorrenti globali anche su quei mercati locali in cui si muove con ritardo, BigG ha criticato la scelta australiana di eBay, notando come l’imposizione di PayPal avrebbe effetti nocivi sul mercato e sulla libertà di scelta dei consumatori. Un intervento che pur giungendo da Mountain View è stato proposto come proveniente da altre fonti, il che ha indotto qualcuno a parlare di scarsa trasparenza da parte dell’azienda del search.
L’Authority ha peraltro comunicato di non aver ancora preso una decisione definitiva: il suo orientamento dipende proprio dalle molte segnalazioni e commenti che le sono giunti dalle parti interessate.
Anche per questo ci si attende già nei prossimi giorni una risposta di eBay a queste osservazioni, che dovrà essere così convincente da far tornare il Garante sui propri passi. Va da sé che in gioco c’è una fetta importante dei futuri profitti dell’azienda: abituata com’è a sperimentare nuove formule sui mercati locali per poi estenderle globalmente, eBay potrebbe aver toccato in Australia un muro capace di impattare non solo sul suo business nella terra dei canguri ma anche in quelle terre dove i canguri arrivano solo se importati.