Diciotto fogli laconici, oscurati con un pennarello nero per il 90 per cento. Spicca l’intestazione, ripetuta su ciascuna delle pagine, che chiarisce che si tratta di un documento ufficiale destinato all’industria di settore, distribuito ai soli partecipanti alla consultazione e non utilizzabile per alcun altro tipo di scopo. Il resto è una sintetica descrizione del contesto tecnologico del settore delle comunicazioni, qualche riga per esprimere una moderata apprensione rispetto alla necessità di adeguarsi alle pratiche di data retention adottate nel resto del mondo, poche parola per offrire le definizioni di soli concetti innocui. L’inchiostro nero del governo federale australiano ha inghiottito tutto il resto .
A rivelare le ambizioni australiane di uniformarsi al regime europeo della conservazione dei dati relativi alle comunicazioni dei cittadini erano state una serie di indiscrezioni circolate nelle scorse settimane: si mormorava di periodi di data retention spropositati, stiracchiati fino a dieci anni, della conservazione di dati quali le cronologie di tutte le operazioni compiute a mezzo web da ciascun utente. Informazioni fuoriuscite da fonti interne all’industria, chiamata a partecipare a una consultazione segreta indetta dal governo .
Il documento con cui nel mese di marzo le autorità hanno avviato il dibattito con l’industria è stato richiesto da un giornalista del quotidiano The Age , opportunità prevista dal Freedom of Information Act . Il documento è stato diligentemente consegnato dall’ufficio del Procuratore Generale: “noterete che ho fatto qualche cancellazione nel documento” avverte il Procuratore, qualora al destinatario non bastasse il colpo d’occhio di un 10 per cento di testo scritto che inframezza un’arida plaga di cancellature. Basti sapere che il documento consta di quattro sezioni, due delle quali hanno rispettivamente il titolo di ” Background ” e ” Industry Feedback “, sezioni composte da una manciata di paragrafi dal titolo e dal contenuto ignoto. Basti sapere che ” telecommunication data sono le informazioni relative a una comunicazione ma non includono il contenuto della comunicazione”.
Rendere accessibile ai cittadini il restante 90 per cento, si spiega nella lettera di accompagnamento andrebbe a cozzare con il pubblico interesse. “Il materiale in questione – chiosa il Procuratore Generale – si riferisce a informazioni che il Dipartimento sta ancora soppesando”: prima ci sarà il confronto a porte chiuse con l’industria di settore, poi ci si confronterà con l’opinione pubblica. “Nonostante riconosca il diritto del cittadino a partecipare e ad influenzare i processi decisionali e di formulazione della policy del governo – aggiunge il Procuratore – data la fase acerba di questa consultazione il rilascio prematuro della proposta potrebbe, più che probabilmente, creare confusione e disorientamento”.
I cittadini, indispettiti più che disorientati e confusi, possono limitarsi a scorrere pagine annerite per il loro bene.
Gaia Bottà