Avevano battuto le reti del file sharing per rastrellare indirizzi IP che avessero contribuito alla diffusione illegale di Dallas Buyers Club a partire dal mese di maggio del 2013, avevano chiesto informalmente ai fornitori di connettività di attribuire un’identità ai condivisori, ma si erano scontrati con un netto rifiuto. La giustizia australiana, chiamata a valutare il caso, ha stabilito che gli ISP dovranno contribuire all’identificazione, così che i detentori dei diritti possano sporgere denuncia: ma a certe condizioni.
Voltage Pictures, che negli scorsi anni si era distinta per le azioni di rivendicazione sul film premio Oscar The Hurt Locker, aveva perseguito lo stesso obiettivo anche in Australia, in occasione del lancio di Dallas Buyers Club: adottando la strategie tipiche degli avvoltoi del copyright, con il supporto della tedesca Maverick Eye UG aveva racimolato 4726 indirizzi IP afferenti ad abbonati australiani, con l’intento di battere cassa. Si era però scontrata con l’opposizione dei provider, restii a consegnare i nominativi dei propri utenti. Sei ISP, fra cui iiNet, con il suo passato di fiero difensore del proprio ruolo di intermediario, erano dunque stati coinvolti in una richiesta ufficiale ( definita preliminary discovery application ) formulata dai detentori dei diritti presso la giustizia australiana.
La corte federale australiana ha stabilito ora che i fornitori di connettività dovranno consegnare ai legali di Voltage Pictures i nomi degli abbonati corrispondenti agli indirizzi IP, ma le condizioni dettate dal tribunale potrebbero far saltare i piani dei detentori dei diritti.
In primo luogo, saranno i denuncianti a sostenere i costi di identificazione e i costi legali sostenuti dai fornitori di connettività: gli ISP dovranno consegnare i nomi e gli indirizzi degli abbonati a cui corrispondono gli indirizzi IP che si sono macchiati della condivisione illecita.
A favore degli utenti, poi, c’è la garanzia di un giusto processo : il giudice ha stabilito che i dettagli relativi agli abbonati non potranno essere resi pubblici, ai fini di tutelare la loro privacy, e potranno essere impiegati al solo scopo di denuncia. Nessuna comunicazione intimidatoria con intenti estorsivi sarà ammessa: non verrà tollerato lo “specultaive invoicing”, la nota pratica con cui i troll del copyright sollecitano un pagamento a patto di non trascinare in tribunale il condivisore, e le uniche comunicazioni che potranno raggiungere l’abbonato saranno quelle ufficiali. Il giudice si è incaricato personalmente di valutare le comunicazioni che i detentori dei diritti inoltreranno agli abbonati, così da scongiurare qualsiasi sfumatura che possa tingerle di minaccioso, in vista di spontanei accordi di risarcimento fra privati. Solo nell’ambito di un confronto in tribunale al cittadino della Rete può essere garantito il contraddittorio , fondamentale nel caso in cui l’intestatario dell’abbonamento non si ritenga responsabile della violazione commessa dall’indirizzo IP che lo rappresentava in Rete.
Il giudice non ha posto delle soglie per quanto riguarda le richieste di compensazione: gli stessi detentori dei diritti appaiono indecisi sul da farsi, probabilmente divisi fra il desiderio di racimolare somme allettanti e il rischio di doversi confrontare con una cattiva pubblicità, inevitabile nel caso di un processo ufficiale. iiNet dubita addirittura che la decisione del giudice avrà un seguito, con l’industria del copyright che potrebbe rinunciare a ripercorrere i passi di Voltage Pictures: con l’avvento del codice di condotta lungamente negoziato fra industria dei contenuti e fornitori di connettività, gli indirizzi IP identificati dovranno essere sottoposti ad avvertimenti e tentativi di conversione alla legalità prima di poter essere denunciati.
Gaia Bottà