È un dilemma quasi amletico quello che ha atteso al varco l’imprenditore australiano Cameron Collie: rinunciare al suo tanto agognato progetto o difenderlo strenuamente in un’aula di tribunale. Ma non sarebbe affatto una battaglia legale semplice, perché al banco dell’accusa siederebbe il gigante dei search engine , Google.
La vicenda è iniziata qualche anno fa, quando Cameron Collie lavorava part-time con un suo amico allo sviluppo di un particolare servizio web-based . Un sito , dove poter effettuare comparazioni di prezzo delle varie bevande alcoliche offerte dai locali di una zona richiesta dall’utente.
In Australia e Nuova Zelanda il termine grog serve ad indicare praticamente qualsiasi tipo di bevanda alcolica. L’idea iniziale di Collie era quella di utilizzare l’espressione – usata per la prima volta nel 1740 da un ammiraglio britannico – per registrare il dominio grogger . Ma l’indirizzo era stato già occupato, costringendo l’imprenditore a ripiegare sullo spazio groggle.com .
Un nome un po’ troppo simile a quello scelto a Mountain View . Almeno secondo la squadra legale della Grande G, mobilitatasi poco prima del previsto lancio ufficiale sia del servizio che della relativa applicazione per iPhone. Una lettera di tipo cease-and-desist , che ha lasciato di stucco Cameron Collie.
“Chiediamo a Google di riconsiderare la cosa – ha dichiarato l’imprenditore di Brisbane – e di capire che non costituiamo affatto una minaccia”. Collie ha quindi sottolineato come sia praticamente impossibile che un utente digiti la parola groggle in cerca del motore di ricerca made in Mountain View . BigG ha comunque chiesto all’uomo di ritirare la sua domanda di registrazione del trademark e di trasferire nelle mani dell’azienda californiana il domain name già acquisito.
Mauro Vecchio