In Australia è tempo di elezioni e la politica riprende ad ascoltare quello che l’opinione pubblica realmente pensa in merito alle questioni tecnologiche più sensibili. La diretta conseguenza di questo nuovo stato di cose è il ritardo nell’applicazione dei tanto chiacchierati filtri di stato alle comunicazioni telematiche nel paese, in attesa il sistema passi una opportuna pratica di revisione per quel che concerne il tipo contenuti effettivamente bloccati.
Stephen Conroy, il Ministro per le Comunicazioni che da tempo spinge per l’implementazione dei filtri telematici, ha annunciato un ritardo di 12 mesi nella loro messa in atto affinché si possa trovare una definizione adeguata della categoria “Refused Classification” in cui dovrebbero ricadere i contenuti da bloccare sui browser dei netizen australiani. “Alcuni membri della comunità sono preoccupate di sapere se la portata del materiale incluso nella categoria RC riflette correttamente gli standard comuni”, ha dichiarato Conroy.
I filtri australiani vengono congelati per i prossimi 12 mesi, e a gioire per la decisione presa da Conroy è prima di tutto Google. Mountain View aveva già espresso parere particolarmente negativo nei confronti dell’imposizione dei “filtri di stato”, sia direttamente che attraverso l’intervento delle autorità statunitensi . Google continua a diffidare dei filtri ma dice di accogliere comunque positivamente “la raccomandazione di condurre un processo di revisione della classificazione RC” e di essere “pronta ad approfittare dell’opportunità di contribuirvi in maniera diretta”.
A non essere per nulla soddisfatta della decisione del ministro è Electronic Frontiers Australia , che parla esplicitamente di un tentativo mal nascosto di “girare intorno al problema dei filtri”. “Il Ministro aveva un’ottima opportunità di cambiare e far morire i filtri di una morte naturale – si legge sul sito di EFA – Al contrario ha scelto di mettere in alimentazione assistita la malaticcia politica per un altro anno. Noi siamo ancora qui a esortare il Governo ad ascoltare gli esperti, abbandonare i filtri e concentrare l’attenzione nel miglioramento dell’accesso alla banda larga per tutti gli australiani”.
I filtri sono inutili e andrebbero sostituiti con una politica complessa che includa educazione e ricerche sulle platee dei giovani netizen, dice ancora l’organizzazione Safer Internet Group formata da Google, Yahoo!, iiNet, Australian Council of State School Organisations, Australian Library and Information Association e Internet Industry Association. Ma la politica ascolta solo parzialmente e già si prepara , per bocca del nuovo primo ministro Julia Gillard, a “rinforzare” le difese dei network australiani contro i contenuti pedo-pornografici (e non solo).
Alfonso Maruccia