Infiltrati, spie, investigatori privati nascosti dietro a un nickname: le forze dell’ordine australiane hanno per anni perseguito questa strategia per smantellare le trame intessute in rete da attivisti violenti e terroristi.
La polizia dello stato di Vittoria, la polizia federale e il procuratore generale australiano si affidano a un’agenzia di investigazione privata con base a Melbourne: agenti specializzati in intelligence “open” , in missione per battere la rete sotto copertura.
Da almeno cinque anni i detective sguinzagliati dalle forze dell’ordine sondano l’umore delle reti sociali, scandagliano conversazioni e newsgroup, vigilano sul clima delle chat e si infiltrano nelle mailing list dedicate agli argomenti più disparati. Non effettuano alcuna operazione di data mining , non fanno appello a sofisticati algoritmi per ricostruire relazioni sociali e vigilare sui rapporti mediati dalla rete, non impugnano tecniche di analisi del linguaggio dei netizen: semplicemente stanno a guardare . E fanno rapporto.
Non si occupano solo della società civile connessa locale: gli investigatori privati arruolati dalla polizia australiana monitorano la globalità della rete. Monitorano la situazione, assorbono notizie e ruminano comunicati stampa, rimuginano saggi scientifici e risputano indizi sui quali concentrarsi. L’agenzia investigativa privata assoldata dalle istituzioni australiane vigila sul clima globale per effettuare carotaggi nelle community che potrebbero rappresentare un rischio per gli australiani disseminati per il globo.
L’obiettivo è quello di sventare le minacce tese da gruppi terroristici e da nuclei di attivisti violenti , di individuare le condotte dei netizen che violano la legge, di prevedere manifestazioni che possano creare scompiglio nell’ordine pubblico. L’invadente presenza dei detective è perfettamente legale, spiegano le autorità australiane: nel contratto stipulato con l’agenzia investigativa è specificato a chiare lettere che l’attività dei dipendenti deve dispiegarsi sui soli materiali accessibili pubblicamente in rete .
Se le forze dell’ordine australiane da tempo si avvalgono della collaborazione di un’agenzia investigativa, se in stati come la Malaysia a monitorare la rete sono agguerriti pensionati equipaggiati dalle autorità di connessione e PC, negli Stati Uniti fermenta un piano per trasformare la più giovane società civile in una rete antiviolenza che operi online. Ma in certi casi la cooptazione delle autorità non è necessaria: il Web cinese è animato da motori di ricerca umani , giustizieri che operano in rete contro le iniquità .
Gaia Bottà