Al centro dell’indagine avviata dalla Commissione Infastrutture e Comunicazioni nel governo di Canberra, i responsabili delle divisioni australiane di Apple, Microsoft e Adobe hanno offerto spiegazioni più o meno precise sulle attuali dinamiche di prezzo nella distribuzione di prodotti hardware e software sul mercato agli antipodi. Su segnalazione di numerose associazioni per la tutela dei consumatori locali, i giganti IT avrebbero previsto un aumento medio del 50 per cento tra i prezzi negli States e quelli aussie .
“I nostri clienti sceglieranno in base al loro portafogli”, ha spiegato il managing director di Microsoft Australia Pip Marlow. Nella visione offerta da BigM, i prezzi dei vari pacchetti software – in media, più del doppio rispetto agli Stati Uniti – verrebbero stabiliti dalle regole sulla concorrenza nel mercato australiano.
A capo di Adobe Australia, Paul Robson ha citato gli alti costi operativi e i salari locali tra le principali motivazioni alla base del rincaro per i consumatori aussie.
Diversa la spiegazione offerta ai parlamentari locali dal vice-presidente di Apple Australia Tony King, che ha innanzitutto sottolineato come alcuni prodotti della Mela risultino soggetti alle stesse dinamiche di prezzo nei due mercati. Il rincaro nella vendita di contenuti su piattaforme come iTunes sarebbe invece da imputare ai vari detentori dei diritti , ancora legati a dinamiche industriali obsolete ovvero basate sulle differenze tra confini nazionali e segmenti di mercato fortemente territorializzati.
Mauro Vecchio