In potenza potrebbe rivelarsi come una legislazione da primato, la prima ad introdurre un massiccio meccanismo di filtraggio dei contenuti della Rete nell’attuale panorama delle democrazie occidentali. Le autorità australiane hanno annunciato che una regolamentazione sul filtering di Internet verrà introdotto in ambito parlamentare entro il prossimo agosto del 2010 , con un anno a disposizione per erigere quello che in molti hanno già definito Great Firewall of Australia .
Foriero di aggiornamenti è stato Stephen Conroy, ministro australiano per le Comunicazioni, che ha innanzitutto annunciato i risultati di un periodo di prova durato sette mesi, che aveva coinvolto provider come iPrimus e Netforce nelle sperimentazioni dei filtri voluti dallo stato . Il blocco di siti illeciti come quelli legati alla pedopornografia e alla violenza sulle donne avrebbe – stando alle dichiarazioni di Conroy – funzionato con un livello massimo di accuratezza (cioè del 100 per cento), oltre a non aver fatto riscontrare alcun impatto negativo sulle prestazioni generali delle connessioni.
Di filtri di stato si era parlato già nel 2008 , quando era stato diffuso un acclamato report sull’efficacia del meccanismo, poi criticato a causa del pesante ingolfamento della rete, che aveva ridimensionato le performance di connessione di oltre il 75 per cento. Il ministro Conroy ora è sembrato piuttosto sicuro sulla totale efficienza allo stato attuale dell’arte, illustrando ulteriori dettagli su quello che verrà fatto per difendere i netizen (specie i più piccoli) dai contenuti poco ortodossi del web.
Una speciale blacklist ha già da tempo iniziato a raccogliere una serie di siti Internet relativi a contenuti giudicati illeciti, dall’abuso sui minori e le donne alle sostanze stupefacenti. Conroy ha aggiunto che verrà istituito un organo di classificazione indipendente , che aggiungerà via via siti – refused classification – sulla base dei reclami che verranno dagli stessi utenti. Ai provider verrà poi data la possibilità di ricevere sostegno economico in cambio di ulteriori meccanismi di filtraggio , adibiti al blocco di contenuti X-rated o legati al gioco d’azzardo illecito. Questo, tuttavia, non sarà obbligatorio e gli ISP potranno decidere di fare a meno del sostegno delle autorità.
Un coro di dissenso si è alzato unanime, su tutte le parole di Electronic Frontiers Australia (EFA) che ha innanzitutto precisato che, nonostante le dichiarazioni di Conroy, il dibattito sui filtri di stato sia soltanto all’inizio. “Nonostante esistano in primis delle problematiche di natura tecnica – si legge in un post sul sito ufficiale di EFA – è quello che viene trascurato che risulta molto più importante: esattamente cosa sarà bloccato, chi dovrà decidere di farlo, e soprattutto perché tutto ciò verrà fatto”.
EFA ha espresso forti preoccupazioni su quelli che saranno i costi a carico degli utenti australiani, non affatto menzionati nel report delle autorità di Canberra. “Ci interessa molto vedere come i fornitori di connettività risponderanno a questa cosa – si legge nel post – perché sappiamo che sono piuttosto scettici all’idea di vedere il loro governo interferire in questo modo nei rispettivi network”. EFA ha poi concluso chiedendo maggiori spiegazioni alle autorità, sulle reali motivazioni dei filtri, sui reali benefici che apporteranno ai netizen, sull’effettivo vantaggio di spenderci sopra i soldi dei contribuenti della terra dei canguri.
Mauro Vecchio