C’è chi ha sottolineato quanto uno dei più noti romanzi di George Orwell rimanga sempre attuale. A profetizzare un futuro oscuro per la privacy di tutti i netizen in terra australiana. Stando infatti a quanto riportato da un articolo apparso su ZDNet Australia , le autorità di Canberra avrebbero intenzione di introdurre un particolare regime sulla cosiddetta data retention.
Più di una voce, confermata dallo stesso Procuratore Generale. Il governo federale australiano avrebbe già chiamato a raccolta i principali protagonisti dell’IT locale, in modo da giungere ad un piano di ampio respiro, concordato a priori con la stessa industria del settore.
Obiettivo , modificare la legge attuale sulla data retention , che prevede l’obbligo di ottenere l’autorizzazione di un giudice affinché un’azienda possa tracciare l’attività web di un netizen australiano. Pare che le autorità di Canberra abbiano iniziato a studiare il modello europeo, nello specifico la direttiva del 2006 sulla conservazione dei dati.
Che prevede l’archiviazione di accessi, email in arrivo e uscita, indirizzi IP per un periodo minimo di sei mesi, fino ad un massimo di due anni. Un lasso di tempo evidentemente troppo breve per il governo federale australiano, che pare stia pensando ad allungarlo quasi a dismisura, dai cinque fino ai dieci anni .
Una proposta che ha fatto rabbrividire gli attivisti di Electronic Frontier Australia (EFA). “A certi livelli la legge sulla data retention può essere ragionevole – ha spiegato il chairman Colin Jacobs – ma la raccolta di informazioni altamente personali come la cronologia della navigazione rappresenta un passo eccessivo. Non si può trattare chiunque alla stregua di un criminale. Sarebbe come intercettare le telefonate di una persona che non ha ancora fatto alcunché”.
Mauro Vecchio