Il sequestro del traffico a favore dei netizen australiani si fa più vicino: presto i provider potrebbero dover implementare dei filtri imposti dallo stato per tutelare i cittadini della rete dal materiale inappropriato che si annida online. I test procedono a spron battuto, il governo annuncia risultati soddisfacenti: l’urgenza di proteggere i cittadini può far sorvolare su falle e perplessità connaturate all’uso delle tecnologie centralizzate di filtering.
Non sono evidentemente bastati i filtri da decine di milioni di euro che i cittadini potevano scegliere di implementare per schivare i contenuti pruriginosi, bucati rovinosamente da un imberbe smanettone . L’Australia, ferocemente schierata accanto alle famiglie contro le immoralità della rete, è tornata a mettere alla prova in laboratorio le tecnologie di filtering da implementare a livello ISP : la Australian Communications & Media Authority ( ACMA ), l’authority per comunicazioni locale, ha dato annuncio dei risultati con corposo report .
Le autorità hanno chiesto ad ACMA di verificare l’efficacia di filtri che possano non solo bloccare i contenuti annoverati nella lista nera di stato delle URL, come avviene in Italia, ma anche discernere fra contenuti innocui e contenuti inappropriati , così vengono considerati quelli destinati ad un solo pubblico adulto. Lo scopo del gioco? Valutare lo stato dell’arte del filtering e l’efficacia dei prodotti in circolazione, verificare che queste procedure di sequestro del traffico non ingolfino la rete, stimare come i setacci della rete si possano declinare a seconda delle esigenze degli utenti.
I risultati annunciati dal ministro Conroy sembrano incoraggianti: “L’industria ha fatto significativi progressi con i prodotti di filtering a livello ISP e siamo rincuorati dal fatto che molti fra i prodotti testati siano disponibili sul mercato – ha annunciato Conroy – il report sarà utile al governo per indirizzarlo nel suo impegno a creare un ambiente online più sicuro”. Sono affermazioni che lasciano presagire una pronta imposizione di uno schema di filtering di stato a provider e cittadini. Non prima però di aver testato sul campo i setacci più avanzati.
Il ministro festeggia l’avanzamento delle tecnologie, ma c’è chi suggerisce che il report non riveli nulla di cui festeggiare. La sola installazione dei setacci messi alla prova, rivelano i dati ACMA, incide sulle velocità delle connessioni in maniera abbastanza consistente: tutti i prodotti analizzati riducono le prestazioni di meno del 30 per cento. Ma con i filtri in funzione la situazione precipita: solo uno dei prodotti riduce le performance del 2 per cento, mentre due dei filtri testati ingolfano la rete ridimensionando le performance di oltre il 75 per cento .
Per quanto riguarda l’efficacia, metà dei prodotti sottoposti alla prova sanno imbrigliare i contenuti con un’accuratezza decisamente migliore rispetto ai test messi in campo in precedenza: i falsi positivi oscillano tra l’1 e l’8 per cento. Tra l’1 e l’8 per cento dei siti web rischierebbe di sparire ingiustificatamente dai browser dei cittadini australiani per un eccesso di zelo dei filtri statali.
Ma non è tutto: i filtri valutati da ACMA agiscono sui soli contenuti Web. Strategie per arginare la circolazione di contenuti illegali sulle reti P2P o con la complicità di instant messaging e email devono ancora essere approntati: le autorità australiane rischierebbero altrimenti di deviare il flusso dell’illegalità verso questo tipo di protocolli.
Ma le perplessità non si esauriscono agli aspetti tecnici: ACMA non ha considerato i costi di implementazione dei filtri imposti agli ISP. I provider rumoreggiano : quello di vigilantes delle rete è un ruolo che non gli si addice, soprattutto se i filtri non saranno i benvenuti fra gli utenti, soprattutto se sarà necessario investire in tecnologie poco efficaci.
Il report dell’authority australiana ha inoltre rinfocolato le apprensioni di coloro che temono che in Australia possa instaurarsi un regime censorio che, oltre a dispiegarsi sui contenuti illegali, investa anche le pagine perfettamente legali . “Il governo deve fornire maggiori informazioni sui contenuti ai quali intendono bloccare l’accesso perché i test sono stati effettuati su contenuti legali e contenuti illegali” ha denunciato Dale Clapperton, rappresentante di Electronic Frontiers Australia ( EFA ). ACMA non ha però stimato la capacità dei filtri di scoraggiare coloro che volessero aggirarli: per coloro che intendono difendere il proprio diritto a fruire appieno della rete non tutto sembra ancora perduto.
Gaia Bottà