Il provider australiano iiNet avrà meno di due mesi per spiegare all’industria del copyright che non è responsabile del fatto che i propri utenti si siano intrattenuti nella condivisione selvaggia di materiale protetto dal diritto d’autore. Dovrà contestare le prove raccolte da un investigatore privato in missione per conto di Hollywood.
Il mese scorso, l’ affondo di sette studios: con la mediazione della Australian Federation Against Copyright Theft (AFACT) hanno denunciato l’ISP, colpevole a loro avviso di favoreggiamento di violazione del copyright . Il provider avrebbe omesso di vigilare e di reprimere, non avrebbe messo in campo le opportune misure per contenere l’utilizzo di copie non autorizzate dei contenuti di cui gli studios detengono i diritti.
Avrebbe dovuto minacciare gli utenti di disconnessione , avrebbe dovuto tenere sotto controllo certi protocolli. Ha invece scelto di trarre profitto dai vizietti dei netizen : nonostante il provider stipuli con i netizen un contratto che li ammonisce a non abusare del servizio per commettere atti illegali, iiNet non si preoccupa di certificare che gli utenti non infrangano la promessa che hanno sottoscritto.
iiNet si è proclamata innocente: le segnalazioni con cui l’industria dei contenuti riscontrava le violazioni degli utenti sono state inoltrate alle forze dell’ordine, come prevede la normativa in vigore in Australia. L’azienda, ha ribadito ora l’avvocato della difesa, “si limita a fornire il canale”: i provider non sono ancora chiamati ad agire come poliziotti, giudici e boia, il loro ruolo non è quello di controllare gli utenti, valutare la loro posizione e disconnetterli.
Ma gli studios hanno reso noto che l’argomentazione di iiNet verrà prontamente decostruita, che verrà dimostrato che iiNet non può godere di alcuna delle esenzioni di responsabilità che tutelano i provider: “Stiamo preparando le nostre prove – assicurano da AFACT – alcune sono già state presentate, ne presenteremo altre prima di Natale”. L’accusa ha paragonato il caso a quello che ha sbaragliato Kazaa: a parere dell’avvocato degli studios, il contenzioso aperto con iiNet avrebbe abbastanza punti di contatto con quello ingaggiato con la piattaforma di sharing da concludersi con lo stesso esito, e con la colpevolezza dell’ISP. Ma non tutti concordano : iiNet è un semplice fornitore di connettività, la cui unica interferenza nei confronti degli utenti si è concretizzata e si può concretizzare in un invito alla fruizione di contenuti nel quadro della legalità .
Uno dei nodi della disputa che iiNet impugnerà per mostrare la legittimità della propria posizione, è l’analisi dei comportamenti di AFACT: in che modo si sono svolte le indagini con cui l’industria dei contenuti ha riscontrato le violazioni commesse dagli utenti dell’ISP? Si tratta di procedure che sono sconfinate in violazioni della riservatezza degli utenti? Sui media australiani si affollano le rivelazioni: indagini arrembanti avrebbero avuto come protagonista un detective privato assoldato dall’industria per abbonarsi a iiNet, disseminare file sui circuiti P2P e appuntare gli indirizzi IP degli utenti che avessero approfittato. Ne sarebbero scaturiti CD e DVD zeppi di dati che AFACT avrebbe inviato a iiNet e che iiNet avrebbe girato alla polizia, ne sarebbe scaturita la prova che il provider non disconnette gli utenti che l’industria testimonia di aver colto in flagrante nel violare il diritto d’autore. “La legge attualmente prevede certe procedure per investigare sulle violazioni del copyright e su altre attività commesse con la mediazione della rete – denuncia l’ISP – AFACT non ha approfittato di queste procedure”.
iiNet promette di difendere con vigore le proprie posizioni: così come si è opposta con fermezza all’introduzione dei filtri di stato che impegnano i provider a bloccare i contenuti che l’Australia ritiene inadatti per i propri cittadini, allo stesso modo si imbarcherà nella vicenda giudiziaria che la vede sul banco degli imputati. Per difendere con i denti il ruolo neutrale dei provider.
Gaia Bottà