I giudici dello stato della Florida dovrebbero prestare maggiore attenzione alle richieste d’amicizia che arrivano sul proprio profilo Facebook. Non dovrebbero cioè accettarle tutte, in particolare quelle provenienti dalle pagine personali di avvocati che potrebbero ritrovarsi davanti al loro martello legale. Si verrebbero a creare dei sospetti, un potenziale conflitto d’interessi dal momento in cui un legame sul social network in blu potrebbe trasferirsi direttamente in un’aula di tribunale .
È questa, in sintesi, l’opinione espressa dal Comitato Etico della Florida, che alla metà del mese scorso ha deciso di riunirsi per proporre dei limiti precisi al comportamento social dei giudici attivi nello stato. I principi raccolti dal comitato sono stati solo recentemente pubblicati dal Legal Profession Blog , che ha riportato il documento definitivo. Si è chiesto se un giudice possa avere amici su un sito di social networking . La risposta è stata breve: no.
Pare comunque che il comitato stesso si sia reso conto di un fattore importante: un’amicizia siglata su Facebook non andrebbe sempre considerata come un legame vero e proprio, molte volte perché semplicemente un contatto o perché privo di calore affettivo o di forte stima reciproca. Alcuni membri del gruppo di lavoro, infatti, si sono espressi proprio in questi termini, seguiti a ruota da alcuni blog come quello del Wall Street Journal , che ha fatto notare a sua volta come non tutte le richieste d’amicizia corrispondano a contatti nella vita di tutti i giorni.
Il giudice T. Michael Jones, membro del comitato statunitense, ha invece seguito la maggioranza dei suoi colleghi, che ha ribadito l’importanza della trasparenza di un procedimento dibattimentale, in particolare nel rapporto tra avvocato e giudice. Abbastanza critico, Stephen Gillers, esperto di tematiche etiche alla New York University . “Un giudice non si estrania dalla società quando diventa giudice – ha spiegato Gillers – Le persone che gli erano amiche prima, molte di queste avvocati, rimangono tali anche in seguito”.
Mauro Vecchio