Il contratto multimiliardario JEDI è stato assegnato a Microsoft al termine di un iter non privo di attriti e ostacoli. Amazon, concorrente rimasto fino all’ultimo papabile vincitore, ha visto dissolversi l’opportunità di allestire e gestire la nuova infrastruttura cloud del Pentagono sui propri server AWS. La decisione, stando a quanto afferma il gruppo di Jeff Bezos, è stata falsata dai ripetuti interventi di Donald Trump.
Amazon: AWS, Jedi e le interferenze di Trump
Che tra il Presidente USA e l’uomo più ricco al mondo (Bezos) non corra buon sangue è cosa risaputa. Ne abbiamo scritto anche su queste pagine nei mesi scorsi per via delle vicende legate a gossip e politica internazionale. L’inquilino della Casa Bianca è addirittura arrivato a sbeffeggiare pubblicamente il CEO chiamandolo “Jeff Bozo”, utilizzando un termine dispregiativo per distorcerne il cognome (dall’inglese può essere tradotto come “cretino”).
Il ricorso annunciato a novembre c’è stato. Gli incartamenti (103 pagine di documentazione) sono stati depositati e resi pubblici nella giornata di ieri. In sostanza AWS chiede al Dipartimento della Difesa di rivedere l’assegnazione del contratto per la realizzazione della Joint Enterprise Defense Infrastructure e avviare nuovamente il procedimento di verifica delle proposte ricevute. Di seguito un estratto in forma tradotta.
La domanda è se il Presidente degli Stati Uniti dovrebbe essere autorizzato a utilizzare il budget della Difesa per raggiungere i propri obiettivi personali e politici. Gli errori sostanziali e pervasivi del Dipartimento sono difficili da comprendere e impossibili da considerare come non influenzati dalla volontà espressa ripetutamente dal Presidente, con i termini utilizzati dal Presidente stesso, di “screw Amazon”. I principi della giustizia richiedono una nuova valutazione delle proposte e una nuova decisione sull’assegnazione.
Abbiamo scelto di lasciare il verbo “screw”, in inglese, poiché rende bene l’idea. Dal Pentagono ogni accusa viene respinta al mittente. La redazione del sito CNBC ha raccolto le parole della portavoce Elissa Smith secondo cui non ci sono state “influenze esterne”. Non è da escludere che la vicenda possa aver un peso nella campagna elettorale in vista delle Presidenziali USA 2020 che vedrà Trump impegnato nel tentativo di confermarsi allo Studio Ovale.