New Orleans (LA) – “Se volete un business che non cambia, lasciate perdere l’IT. Non posso dirvi di non preoccuparvi, ma vi posso dire che per ogni prodotto o settore che sembra sparire, ce ne sono altri due che stanno nascendo”. Così Steve Ballmer nel giorno in cui Windows Azure, la piattaforma per il cloud computing made in Redmond , viene ufficialmente consacrata come il nuovo punto di partenza dell’offerta web di Microsoft: c’è un listino prezzi, c’è un modello di business, c’è tutto quello che serve per progettare e programmare il futuro passaggio dai costosi datacenter succhia-corrente ad un radioso sistema trasparente di fornitura di servizi online.
E alcuni partner di Microsoft, come è comprensibile, sono perplessi: nel giro di due giorni BigM ha presentato un nuovo Office che permette di lavorare in remoto e di sviluppare applicazioni di Business Intelligence che prima erano il pane quotidiano degli sviluppatori indipendenti, nonché un meccanismo di fornitura di potenza di calcolo in remoto che scavalca (o potrebbe scavalcare) il passaggio per le mani di chi fino ad oggi è stato la spalla sul mercato dell’azienda di Redmond. Sul palco, durante il keynote della mattina, e nei comunicati stampa tuttavia le rassicurazioni fioccano : ci sarà spazio per tutti, ci saranno grosse opportunità per mantenere il proprio giro d’affari e anzi trovare nuovi clienti. Parola di Steve Ballmer.
“Il business sta cambiando – ribadisce, citando nuovamente quel reset dell’economia da lui già descritto qualche tempo fa – Ma niente cambierà così rapidamente da impedire ai partner di stare al passo con le novità: gli investimenti a lungo termine, quelli con scadenza di 5 o 10 anni, tipicamente riguardano noi che abbiamo strumenti finanziari adatti a farvi fronte”. Quello che Ballmer sostiene è che la tecnologia, anche in questa difficile fase del mercato, possa aiutare a contenere i costi : ma offrire servizi più economici non dovrebbe costituire un problema assoluto poiché starà all’intelligenza di Microsoft e dei suoi partner riuscire a trasmettere alla clientela attuale e ai potenziali nuovi acquirenti il valore reale delle soluzioni proposte.
Il caso di Azure è esemplare di questa tendenza: la sparizione dei datacenter dal groppone dei clienti dovrebbe consentire di ottimizzare gli investimenti in grosse infrastrutture disponibili on demand, fornite da Microsoft in questo caso. Gli utenti finali non si dovranno più preoccupare della gestione delle macchine , del loro aggiornamento: ci penserà BigM. Ai partner spetterà il ruolo di intermediari: presenteranno all’acquirente le differenti possibilità, da Windows Server 2008 R2 a Azure, le varie incarnazioni del database SQL, le capacità di virtualizzazione e migrazione live di Hyper-V, svilupperanno le soluzioni personalizzate per i diversi clienti. E, a seconda del tipo di offerta che decideranno di proporre, stabiliranno di conseguenza anche il margine che vorranno garantirsi.
Azure, comprato direttamente da Microsoft, costerà 0,12 dollari per ora di computazione e 0,15 dollari al mese per ogni gigabyte di dati archiviati. Ovviamente c’è un costo legato alla banda consumata, 0,1 dollari per ogni gigabyte in entrata e 0,15 per ogni gigabyte in uscita. Prezzi in linea con quello che è, per certi versi, il principale concorrente di Azure, Amazon , ma di poco superiori a quelli dell’alternativa Linux proposta sempre da quello che un tempo era solo un rivenditore di libri online. Resta da stabilire se questo costituirà o meno un punto critico per il successo commerciale della piattaforma cloud di Redmond.
In alternativa, sarà possibile anche sottoscrivere delle forme di abbonamento ai servizi cloud di Azure, per così dire alla vecchia maniera: le informazioni su queste alternative saranno però disponibili solo a novembre, in occasione del prossimo PDC (l’evento per gli sviluppatori Microsoft), e fino ad allora Azure sarà del tutto gratuito per incentivare la creazione delle prime proposte commerciali basate sulla piattaforma.
Tutta questa attenzione per Azure, tuttavia, rischia di mettere in secondo piano le altre novità annunciate (o non annunciate ): Windows Mobile Marketplace e Windows 7 RTM . Per quest’ultimo, al contrario delle anticipazioni, la vera notizia è che non c’è una data di rilascio certa, e il suo arrivo ai partner e agli assemblatori OEM resta fissato genericamente entro la fine del mese di luglio. Per il primo, invece, sono iniziate le procedure di ammissione: dal 27 di luglio sarà possibile sottoporre i propri lavori per l’approvazione, e sempre in quella data ci dovrebbero essere novità anche per quanto attiene un concorso che dovrebbe coinvolgere gli sviluppatori.
In una chiacchierata a margine della conferenza, Todd Brix (responsabile marketing della piattaforma mobile di Microsoft), ha spiegato a Punto Informatico che tra le principali qualità del Marketplace di WinMo va sicuramente annoverata la sua compatibilità con le precedenti versioni del sistema operativo per dispositivi mobili: oltre al prossimo 6.5, il cui rilascio è fissato per l’autunno, il Marketplace funzionerà anche su Windows Mobile 6.0 e 6.1 , vale a dire su milioni di dispositivi già in circolazione.
Brix pone poi l’accento su un altro fattore ritenuto da molti critico per il successo degli store di applicazioni per il mobile: la politica di valutazione dei prodotti. Fermo restando l’aspetto tecnico, la qualità del codice che ogni programma deve garantire, e un approccio che in linea di massima tenterà di tenere fuori dal Marketplace la pornografia e la violenza, l’intenzione di Microsoft è quella di offrire garanzie agli sviluppatori rispetto alla possibilità che i propri prodotti possano venire accettati o rifiutati in fase di valutazione.
Con la pubblicazione di regole chiare e molto particolareggiate, già a disposizione online, la speranza di Microsoft è di attirare l’attenzione di un mercato che fino a questo momento è stato pressoché dominato da iPhone (proprio oggi è arrivata anche la notizia che AppStore ha superato il traguardo di 1,5 miliardi di applicazioni vendute). WinMo, spiega Brix, si presta ad essere una piattaforma flessibile per ogni tipo di utilizzo – professionale e consumer. Il Marketplace dovrebbe garantire anche di sopperire alla carenza di distribuzione che il software prodotto per la piattaforma ha sofferto fino ad oggi.
Quanto alla possibilità che ci possa essere in programma un telefonino marchiato Microsoft, bocche cucite: l’unico obiettivo dichiarato è offrire un’esperienza coerente su tutte le piattaforme in cui Microsoft opera. A leggere tra le righe il futuro Windows Mobile 7 resta avvolto tra le nebbie , segno che qualche novità potrebbe anche celarsi dietro alla cortina di riservatezza eretta: in ogni caso, visto che di solito trascorre un anno o più tra le varie versioni di WinMo, se ne parlerà come minimo nel 2010.
Luca Annunziata