Sono costretti ad inforcare gli occhialini, prima di sprofondare in poltrona e godersi lo spettacolo. E devono posizionarsi nella giusta angolazione rispetto allo schermo. Operazioni che le platee britanniche non sono disposte ad affrontare, non per la programmazione televisiva in 3D. Lo hanno rilevato i vertici della BBC, che hanno sospeso la produzione di programmi realizzati per offrire una dimensione in più.
Le sperimentazioni, avviate nel 2011, non hanno mai fatto registrare successi all’altezza delle aspettative: i programmi di intrattenimento hanno catturato l’attenzione di uno sparuto gruppo di spettatori, solo metà degli 1,5 milioni di televisori abilitati, lo scorso anno, ha goduto della manifestazione di apertura della Olimpiadi in tre dimensioni. E se l’emittente di stato britannica ha creduto che lo sport potesse essere uno degli ambiti capaci di richiamare l’attenzione sulla tecnologia 3D a servizio della tv domestica, l’esperienza dell’emittente statunitense specializzata in sport ESPN ha anticipato di poche settimane la decisione della BBC: entrambi i broadcaster hanno dovuto riconoscere che l’ interesse dei consumatori non è tale da giustificare gli investimenti nella programmazione in tre dimensioni, non in questa congiuntura.
La motivazione dello scarso interesse del pubblico, sono in molti ad commentare , risiede nel prezzo ancora elevato per l’acquisto di dispositivi autostereoscopici che consentano di godere della televisione 3D a buona qualità, senza doversi organizzare con accessori aggiuntivi che proiettano lo spettatore in un contesto troppo immersivo . “Penso che quando le persone guardano la TV – ha osservato Kim Shillinglaw, a capo delle sperimentazioni sul 3D della BBC – si concentrino in un certo modo. Quando invece le persone vanno al cinema, sono abituate a dedicarsi solo alla visione”. I display 3D che richiedono l’uso di occhialini, se al cinema possono suscitare una certa attrattiva, non appaiono infatti un buon compromesso per coloro che vogliano semplicemente guardare la TV, azione casuale per eccellenza, magari compiuta contemporaneamente ad altre faccende domestiche.
Questo nodo, che intreccia tecnologia, abitudini e mercato, si mostrava già intricato nel 2012, quando i positivi dati di vendita statunitensi rispetto agli apparecchi 3D si accompagnavano ad una flessione dell’interesse nei confronti dei servizi correlati. Una tendenza che ha trovato ora conferma nel rallentamento degli acquisti delle TV 3D, una volta scemata l’eccitazione dei consumatori per la rincorsa al semplice aggiornamento tecnologico dell’hardware, non motivato da una effettiva soddisfazione sul fronte della fruizione dei contenuti.
Le platee televisive mostrano di preferire la qualità dell’immagine, e non sono disposte a negoziare le modalità di fruizione della TV tradizionale indossando occhialini, sospendendo le proprie attività domestiche per dedicarsi completamente alla terza dimensione. I produttori l’hanno intuito con anticipo: l’ enfasi posta sul 3D al Consumer Electronic Show del 2011 si è sostituita agli entusiasmi per le smart TV e per le risoluzioni ultra HD .
Gaia Bottà