BBWF: intervista a Rahul Patel di Qualcomm

BBWF: intervista a Rahul Patel di Qualcomm

Al Broadband World Forum di Berlino abbiamo intervistato Rahul Patel di Qualcomm per capire in che direzione sta andando il mondo della connettività.
BBWF: intervista a Rahul Patel di Qualcomm
Al Broadband World Forum di Berlino abbiamo intervistato Rahul Patel di Qualcomm per capire in che direzione sta andando il mondo della connettività.

Mentre ci apprestiamo a mettere un piede nell’era del 5G, si parla sempre più di tecnologie legate al mondo della connettività che gli addetti ai lavori definiscono disruptive, in grado di fungere da fattori abilitanti per l’innovazione. Per meglio comprendere quale sia l’entità della rivoluzione che ci sta per investire, abbiamo posto alcune domande a Rahul Patel di Qualcomm (Senior Vice President and General Manager Connectivity & Networking), in seguito al suo intervento sul palco del Broadband World Forum in scena a Berlino dal 23 al 25 ottobre.

Intervista a Rahul Patel di Qualcomm

Aprendo il keynote ha scelto di far riferimento a un dato significativo per comprendere come sia cambiato il mondo della connettività: nel 2008 ognuno di noi consumava mediamente 2-3 GB di dati ogni mese. Oggi sarebbero a malapena sufficienti per scaricare un film in alta definizione o per guardarlo in streaming. Pensa che questa crescita possa continuare ancora a lungo con lo stesso ritmo oppure che un giorno, in futuro, assisteremo a un rallentamento?

Non penso che rallenterà nell’immediato futuro. Mi aspetto di vedere una famiglia composta da quattro persone arrivare a consumare 1 TB di dati ogni mese, entro i prossimi 12-18 mesi. Con l’avvento del 5G aumenteranno gli ambiti di utilizzo: non ci sarà solo lo streaming dei dati, ma arriveranno le auto connesse in grado di comunicare con l’abitazione e le infrastrutture, in casa avremo sempre più dispositivi dedicati al monitoraggio dell’ambito domestico e così via.

La previsione è quella di avere oltre 20 dispositivi connessi in ogni abitazione, giusto?

Entro i prossimi due anni sì, ma in cinque anni mi aspetto di vedere il numero salire almeno fino a 50.

Network e tecnologie per le smart home

Tra le slide mostrate, una faceva riferimento all’evoluzione di quelle che oggi chiamamo Smart Network in Cognitive Network. Il riferimento è a intelligenza artificiale e machine learning? Di cosa si tratta nello specifico?

Oggi le reti si occupano esclusivamente di veicolare i dati, ma penso che entro i prossimi 18 mesi assisteremo all’avvento di network in grado di prendere decisioni, con e per gli utenti. Verranno introdotte alcune funzionalità legate al machine learning nelle reti e disporranno un’intelligenza che possiamo definire IA. C’è all’orizzonte un grande cambiamento per i network.

L'evoluzione delle tecnologie per la connettività

Guardando gli annunci più recenti, una delle tecnologie che a mio parere offrono il maggior potenziale a livello di innovazione è quella che chiamate WiFi Sensing: le reti wireless saranno in grado di riconoscere persone, oggetti, animali, i loro movimenti e le loro gesture. Un sistema complesso ed evoluto, ma a mio parere destinato a sollevare alcune giustificate preoccupazioni legate alla privacy. Non pensa che qualcuno possa interpretarlo come un occhio invisibile che ci osserva costantemente, all’interno delle nostre case?

Sarà nelle possibilità del consumatore o dell’utente scegliere se la sua rete WiFi disporrà della tecnologia WiFi Sensing. Possiamo paragonarla alle videocamere, qual è la differenza?

La differenza è che posso vedere una videocamera, ma non una rete WiFi.

È vero, sono d’accordo. In ogni caso, se si è il proprietario dell’abitazione o un membro della famiglia si può decidere come utilizzarlo, spegnendolo completamente oppure, ad esempio, disattivandolo finché si è fuori e attivandolo poi automaticamente quando qualcuno entra in casa. Presenta in ogni caso enormi benefici: se in famiglia c’è una persona anziana e questa cade, WiFi Sensing è in grado di intervenire.

WiFi Sensing

In Italia, in alcune zone del paese, ancora oggi dobbiamo fare i conti con un problema chiamato digital divide. Pensa che il 5G possa finalmente contribuire a renderlo un brutto ricordo legato al passato?

Assolutamente sì. Il 5G favorirà l’adozione di Internet in aree dove la connettività ancora oggi non è accessibile, raggiungendo ad esempio luoghi non coperti dalla banda larga o dalla fibra per questioni economiche. Inoltre, accelererà l’arrivo di nuovi servizi e strumenti non ancora disponibili.

Tra gli annunci dei giorni scorsi al 4G/5G Summit di Hong Kong anche la partnership con Samsung per la realizzazione di Small Cell destinate alle reti 5G. Come funzionano? Possiamo definire queste infrastrutture un driver per l’innovazione?

Sì. Le Small Cell sono apparecchiature semplici, poco costose e che svolgono un ruolo fondamentale. Questa partnership con Samsung per il loro sviluppo mira a portare i network basati su 5G mmWave e 5G sub-60 GHz dove è necessario disporre di connettività, ma non è possibile installare le torri.

Fa dunque parte del progetto che mira a combattere il digital divide?

Sì, ci sarà maggiore copertura dei network mobile con l’avvento del 5G.

Small Cell per il 5G

Le chiedo di guardare al futuro, andando oltre il 5G e formulando una previsione: quando pensa che inizieremo a parlare di 6G oppure di 5.5G o 5G+?

La mia opinione è che serviranno altri 6-7 anni.

In conclusione, visto che ci piace conoscere meglio chi intervistiamo, un’ultima domanda non legata a Qualcomm né alla connettività: sul suo profilo LinkedIn è menzionata la partecipazione a un progetto chiamato Reading Partners. Di cosa si tratta?

Penso che l’educazione dovrebbe essere accessibile a chiunque, ma in gran parte del mondo lo è solo in inglese. Se un bambino proviene da una famiglia in cui la lingua non è utilizzata, si trova a dover tenere il passo di coetanei che invece la parlano sia a casa sia a scuola. Reading Partners è un’iniziativa che punta a colmare il gap. Persone come noi possono dedicare un’ora a settimana per affiancare un bambino durante una pausa scolastica, aiutandolo a leggere e scrivere in inglese.

Penso che gli effetti di una lacuna di questo tipo vengano enormemente amplificati se il bambino non viene adeguatamente supportato, indipendentemente della sua famiglia. Penso anche che ogni bambino disponga della stessa intelligenza, ma che molto dipenda da come lo si aiuta a coltivarla. Penso inoltre che la lingua non debba essere una barriera: se qualcuno a casa parla spagnolo, vietnamita, cinese, hindi o italiano, non dovrebbe risentirne a scuola solo perché l’inglese è lo standard. Credo che l’educazione debba contribuire a colmare qualsiasi divide. Dimentichiamoci per un momento quello digitale.

Quali sono i risultati raggiunti?

Faccio parte del board di Reading Partners nella Silicon Valley. Il progetto ha vent’anni e i risultati ottenuti sono ottimi. Con Qualcomm, in San Jose, abbiamo “adottato” una scuola elementare per supportare l’iniziativa.

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Pubblicato il
24 ott 2018
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