Sono trascorsi poco più di dieci anni dal debutto delle reti 3G, la cui diffusione è stata prima spinta e poi trainata dall’esplosione e dalla crescita dell’universo mobile. Per capire cosa è cambiato da allora e quale sia la direzione intrapresa in vista degli sviluppi futuri possiamo fare riferimento a un dato condiviso da Rahul Patel di Qualcomm (Senior Vice President and General Manager, Connectivity & Networking) sul palco dell’evento Broadband World Forum in scena in questi giorni a Berlino: nel 2008 il volume medio di traffico dati consumato su base mensile non superava i 2-3 GB. Oggi basterebbero a malapena per un film in alta definizione e si parla di 5G come di un orizzonte non più lontano, ma tangibile, come di uno scenario che sta per spalancarsi abilitando un mondo di nuove opportunità.
Le nuove frontiere della connettività
Network mobile e WiFi sono strettamente legati in questo percorso fatto di nuovi standard, protocolli e frequenze. Discutiamo ora di 5G e di onde millimetriche, di 60 GHz e di una nuova nomenclatura per le reti, di Small Cell e infrastrutture per la connettività. Sono i mattoni con i quali dar vita a nuovi servizi, caratterizzati da una integrazione sempre più profonda tra hardware e software: pensiamo allo streaming, alla gestione dei dati sul cloud anziché in locale, alla miriade di device che stanno per invadere le nostre case basandosi sulle potenzialità di IA e machine learning. Si stima che entro il 2020 ognuno di noi avrà nella propria abitazione 24 dispositivi connessi (in media, si intende). Non saranno più solo smartphone, tablet o computer, ma anche smart speaker, smart display, orologi, elettrodomestici, televisori, set-top box, termostati, robot per la pulizia delle stanze, videocamere di sorveglianza, campanelli smart e molto altro ancora.
Da una parte le potenzialità offerte dalle reti di nuova generazione stimolano l’avvento di prodotti prima impossibili anche solo da immaginare, dall’altra proprio il moltiplicarsi dei terminali spinge l’industria a introdurre soluzioni sempre più avanzate, flessibili e performanti. Volendo sintetizzare il concetto si può far riferimento a quella attuale come a un’era dell’IoT, anche se persino i confini del territorio Internet of Things iniziano ad andare stretti per chi desidera catalogare e classificare tutto ciò che oggi è dotato di una qualche forma di connettività.
Da Smart Network a Cognitive Network
Se le reti mesh hanno giocato un ruolo di fondamentale importanza nell’abilitare l’avvento delle smart home, oggi i player del settore guardano avanti, con l’intento di compiere il prossimo step evolutivo, portando quelli che oggi possiamo definire Smart Network a diventare Cognitive Network. Un passaggio possibile grazie all’infusione di due elementi già citati: IA e machine learning. Stiamo entrando in un’era che renderà i network intelligenti, incarnando forse l’infrastruttura di quell’intelligenza connettiva di cui si parla da troppo tempo senza mai averne vista finora reale manifestazione. Quelli mobile saranno dotati di sistemi in grado di gestire in modo ottimale i dati distribuiti sul territorio, quelli WiFi potranno addirittura riconoscere la presenza di persone (ma anche oggetti e animali) in una stanza, attivando specifiche funzioni in base al contesto, dopo aver rilevato una gesture oppure un’anomalia.
Qualcomm, sul palco del BBWF, ha fatto l’esempio di qualcuno che cade e rimane vittima di un infortunio: il network WiFi sarà in grado di identificare l’evento e allertare prontamente i soccorsi. Una tecnologia disruptive, per usare un termine tanto caro agli addetti ai lavori, ma che proprio in virtù della sua profonda integrazione nella vita quotidiana di ognuno di noi dovrà essere sottoposta a una solida regolamentazione, di fondamentale importanza se si considera come di recente le nuove modalità di gestione dei dati siano state accompagnate da un notevole incremento dei rischi per la tutela delle informazioni stesse.