Monster, produttore statunitense di apparecchiature audio, ha lavorato insieme a Beats alla creazione e al lancio, nel 2008, di una linea di cuffie accattivanti per linea e qualità, mirata a colpire un target giovane e esigente. Lo stesso target che ha probabilmente solleticato l’interesse di Apple, che ha sborsato 3 miliardi di dollari per appropriarsi del business degli accessori audio e della relativa piattaforma dedicata allo streaming musicale. Monster ora ha deciso di battersi per rivendicare la propria parte.
La denuncia depositata presso un tribunale californiano chiama in causa i fondatori di Beats Jimmy Iovine e Dr. Dre insieme alla divisione statunitense di HTC, che ne ha detenuto per un periodo una consistente quota azionaria. Secondo la denuncia di Monster, le due aziende avrebbero agito per tagliarla fuori dai propri affari con quella che definisce una “falsa transazione”. HTC, nel 2011, aveva acquisito per 309 milioni di dollari il 51 per cento di Beats: nel passaggio di proprietà era inclusa una clausola che prevedeva il trasferimento della proprietà intellettuale di Monster nelle mani di Beats. Beats, nel giro di pochi mesi, si è riappropriata di metà delle quote vendute ad HTC e nel 2013 si è completamente affrancata dalla partecipazione di HTC, conservando per sé le tecnologie di Monster.
Pochi mesi fa, inoltre, il CEO di Monster aveva ceduto l’1,25 per cento delle quote di Beats, quanto rimaneva in suo possesso dell’ex partner: l’azienda con cui un tempo collaborava aveva dichiarato di non avere alcun tipo di piano per l’imminente futuro. Dopo otto mesi Apple ha acquisito Beats, ma le negoziazioni probabilmente si protraevano da tempo addietro, vista anche la collaborazione fra Cupertino e Beats nel lancio della piattaforma musicale Daisy.
Monster chiama in causa HTC, anche se non appaiono del tutto chiaro il ruolo e le motivazioni dell’azienda taiwanese, e si scaglia contro le strategie adottate da Beats per creare artificiosamente concorrenza con il proprio ex partner. Chiede per questo motivo di ottenere un risarcimento danni non ancora quantificato dalle due aziende, così da rifarsi dei “milioni persi” nel corso degli ultimi anni.
Gaia Bottà