L’assalto legale ai principali provider in terra belga, scagliato dai vertici della collecting society locale SABAM nell’ennesima battaglia per la proliferazione online di opere audiovisive in violazione del diritto d’autore. Da Belgacom a Telenet, i più grandi fornitori di connettività dovrebbero risarcire i legittimi detentori per aver garantito il libero accesso alle varie piattaforme della condivisione pirata .
Nella causa ai cosiddetti intermediari, gli alti rappresentanti di SABAM hanno chiesto il pagamento di una quota pari al 3,4 per cento dei profitti maturati dagli stessi operatori grazie agli abbonamenti stipulati dagli utenti per la fornitura di connessioni alla Rete . La tesi di SABAM è ai limiti dell’elementare: i pirati approfitterebbero dei servizi legati al broadband per accedere facilmente al materiale audiovisivo illecito.
Stando ai calcoli presentati in aula dalla collecting society belga, il fatturato proveniente dal cosiddetto equo compenso – la tassa imposta sulla vendita di supporti multimediali fisici a risarcimento della legittima copia privata – avrebbe subito un vistoso declino del 54 per cento dal lontano 2000 . Questa “enorme perdita” denunciata dai detentori dei diritti non sarebbe mai stata compensata dalle piattaforme legali della distribuzione autorizzata, da iTunes a Spotify.
SABAM ha dunque denunciato i provider locali per l’offerta di connessioni ad alta velocità che non prevede il pagamento di una tassa che vada a compensare l’utilizzo pirata delle connessioni stesse. La collecting society belga rifiuta il ruolo neutrale da intermediari generalmente garantito ai vari fornitori di connettività, che si nasconderebbero dietro il principio della neutrality per generare profitti dagli scaricamenti illeciti .
Presentata presso una corte di Bruxelles, la denuncia di SABAM è stata fortemente criticata dalla divisione locale della Internet Service Providers Association (ISPA), che ha ancora una volta sottolineato come i singoli provider non possano decidere quali tipologie di contenuto far passare attraverso i network. Tanto più che un eventuale “equo compenso” addizionato ai costi dell’abbonamento dati finirebbe per gravare anche sugli utenti che già pagano per accedere ai canali legali di distribuzione dei contenuti .
Mauro Vecchio