Il provider belga Scarlet non dovrà agire da poliziotto della rete, non dovrà vigilare sui contenuti che i propri utenti immettono e scambiano online: una corte locale ha stabilito che non ha le possibilità tecniche per farlo.
La decisione del tribunale di Bruxelles è l’ultimo atto di una vicenda legale controversa: SABAM , il corrispettivo belga dell’italiana SIAE, già nel 2004 aveva denunciato Tiscali, ora Scarlet in Belgio, per aver tratto vantaggio dai comportamenti illegali degli utenti. SABAM spiegava che Scarlet si avvantaggiava con il crescere del traffico P2P, vendendo ai propri utenti connettività da utilizzare per scambiare contenuti a scapito dei detentori dei diritti. La corte aveva dato ragione agli autori e aveva stabilito che l’ISP avrebbe dovuto disconnettere gli utenti che si fossero intrattenuti in comportamenti illegali a mezzo P2P e che avrebbe dovuto rendere inaccessibili le pagine web dalle quali è possibile scaricare programmi per la condivisione P2P.
Il provider avrebbe dunque dovuto rinunciare alla propria neutralità , avrebbe dovuto iniziare ad assumersi la responsabilità di ciò che gli utenti fanno della connettività, avrebbe dovuto iniziare a vigilare sui netizen e a prevenire comportamenti che sarebbero potuti sfociare in attività illegali. Nel 2007 l’attività di Scarlet era stata investita da un’altra decisione di un tribunale: avrebbe dovuto bloccare l’accesso ai file scambiati illegalmente dai propri utenti. La soluzione implementata sarebbe stata Audible Magic , l’efficacia della soluzione era stata messa in dubbio da numerosissimi osservatori.
La resa di Scarlet è giunta nei giorni scorsi: il provider si è rassegnato a pagare i 2500 euro giornalieri che pendono sul suo capo per ogni giorno di inottemperanza. La tecnologia fornita da Audible Magic non consente di arginare gli scambi di contenuti illegali , non senza agire su contenuti condivisi nel pieno rispetto della legge, non senza attentare alla riservatezza degli utenti: la multa maturata da Scarlet si aggira ora attorno ai 750mila euro.
È così che un giudice del tribunale di Bruxelles ha riconosciuto le difficoltà del provider e ha bloccato il contatore della pena pecuniaria. A far ravvedere la corte non sembrano essere stati i recenti pronunciamenti delle autorità europee, né gli emendamenti apportati dal Parlamento Europeo al Pacchetto Telecom, né la conferma agli emendamenti espressa dalla Commissione Europea. A far propendere il giudice per il blocco dei provvedimenti nei confronti di Scarlet sarebbe stata una dichiarazione di un rappresentante di SABAM, che avrebbe ammesso di aver proposto alla corte una soluzione non abbastanza efficace per arrestare i traffici di materiale condiviso illecitamente senza nel contempo calpestare i diritti dei netizen. La decisione definitiva riguardo alla posizione di Scarlet verrà emessa da una corte d’appello nel 2009.
Gaia Bottà