Roma – Si combatte sul fronte dei videogiochi la battaglia della censura che vede questa volta di fronte le autorità tedesche e il maggiore produttore di videogiochi del mondo, Electronic Arts. Già, perché a Berlino il nuovo Command & Conquer Generals non va giù, al punto che si vuole renderne difficile la vendita.
La notizia è di questi giorni perché il governo tedesco ha appena reso pubblica la lista di una serie di giochi considerati violenti che sono soggetti a restrizioni nella distribuzione. In particolare il videogioco della EA non potrà essere pubblicizzato sui media né nei negozi, sebbene il titolo potrà essere messo a disposizione dei consumatori adulti che ne faranno richiesta.
Va detto che il game sotto accusa riprende da vicino gli eventi militari in Iraq, disegnando un teatro di guerra a Bagdad sul quale si fronteggiano l’Esercito di liberazione globale, un nucleo terrorista, e gli Stati Uniti. Il tutto condito da armi convenzionali e di distruzione di massa, compreso l’antrace e l’uccisione di militari e civili.
“Il gioco – ha dichiarato il direttore dell’ufficio del ministero degli Affari della famiglia, che ha revisionato il titolo – ritrae la guerra come l’unico modo per risolvere i conflitti. In linea generale difende la guerra e offre un appeal estetico alla forza militare”.
Dura la reazione di Electronic Arts, secondo cui il prodotto cade vittima delle tensioni internazionali tra Berlino e Washington causate proprio dall’intervento militare in Iraq. EA fa notare come altri giochi, altrettanto “violenti”, non siano stati sottoposti a censura.
“Fino a questo momento – dichiarano gli uomini della EA – i giochi censurati sono stati generalmente game più crudi nei quali combattono singoli individui, qualcuno viene ucciso e c’è sangue. Questo è invece un gioco di strategia militare”.
Le autorità tedesche da parte loro confermano che i titoli censurati, una 20ina ogni anno, vengono colpiti soprattutto perché “contengono atti di violenza particolarmente brutali” ma che sono da bloccare anche i prodotti che “difendono” la guerra.