Sir Timothy Berners-Lee dice no. No al behavioral advertising, no a quel Phorm che è pronto a raccogliere i dati di migliaia di sudditi di Sua Maestà a spasso per il world wide web. A colui che è ritenuto il padre del Web , non piace il principio di tracciamento dei navigatori : quello che fanno mentre sono collegati, dice, è una questione che riguarda loro e nessun altro.
“Mi piacerebbe che il mio fornitore di connettività si comportasse come il mio fornitore d’acqua corrente – ha spiegato ai microfoni della BBC – Dovrebbe offrirmi accesso ad Internet senza domandarmi come lo userò: il mio ISP ideale non controlla quali siti frequento”.
Per lo scienziato del web, la questione di cosa si fa online è strettamente personale : “La mia cronologia di navigazione è solo mia, non potete averla”. Se ci fossero aziende pubblicitarie interessate, “se ci fosse qualcuno intenzionato ad usarla per qualcosa, allora dovrebbe negoziare direttamente con me”. Niente provider che fanno da intermediari: quelle informazioni appartengono al netizen , quindi “devo essere d’accordo (all’uso che se ne fa, ndr), devo comprendere cosa otterrò in cambio”.
Il problema si estende ben oltre la pubblicità personalizzata: “È necessario che, se leggo un sacco di libri su alcune forme di cancro, questo non faccia sì che la mia assicurazione mi aumenti del 5 per cento il premio perché ha il sospetto che possa essermi ammalato”. Berners-Lee dà corpo a tutte le perplessità espresse in queste settimane dai paladini della privacy, preoccupati dell’ avanzare di questi strumenti e di altri legati alla sanità online.
Secondo Berners-Lee, il rischio di offrire in pubblico troppo di sé non si limita solo alla navigazione. Anche l’utilizzo dei social network pone qualche problema: sebbene questi strumenti migliorino l’integrazione tra i cittadini della rete, quanto pubblicato resterà online e a disposizione di chiunque. “Immaginate che tutto quello che scrivete sarà letto dalla persona che vi sottoporrà al primo colloquio di lavoro – ammonisce – Immaginate che tutto questo verrà letto dai vostri genitori, nonni, figli e nipoti”.
Infine, Sir Timothy spiega che la rete di oggi conta più pagine di quanti neuroni ci siano in un cervello umano: ma la conoscenza che abbiamo delle sue reali dinamiche di sviluppo è ancora troppo limitata. “Le cose su Internet possono cambiare in fretta, dobbiamo aspettarci qualche ostacolo nascosto per il futuro”, avverte. Ma lo scienziato resta fiducioso , e prevede per la sua creatura una evoluzione “che lascerà senza fiato”.
Luca Annunziata