Il prestito di libri digitali da parte delle biblioteche pubbliche è paragonabile a quello dei libri tradizionali : a riferirlo è il parere emesso dall’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea Mciej Szpunar nella causa C-174/15 (Vereniging Openbare Bibliotheken/Stichting Leenrecht).
La vicenda è quella che vede la Vereniging Openbare Bibliotheken (VOB), associazione cui aderiscono tutte le biblioteche pubbliche dei Paesi Bassi, chiamare in causa la Stichting Leenrecht , una fondazione preposta alla riscossione delle remunerazioni dovute agli autori per ottenere una sentenza che chiarisca definitivamente la questione: la domanda delle biblioteche è se il prestito di libri digitali rientra nel diritto di prestito e, di conseguenza, se la messa a disposizione di libri digitali per un periodo illimitato costituisce una vendita ai sensi delle disposizioni sulla distribuzione e se il prestito di libri digitali da parte delle biblioteche pubbliche contro un’equa remunerazione agli autori non costituisce una violazione dei diritti d’autore.
La questione, peraltro, non aveva esaurito il suo interesse in Olanda, ma su di essa si era per esempio espressa – a favore di VOB – anche l’Associazione italiana biblioteche (AIB): quella delle gestione dei beni digitali protetti da diritto d’autore da parte delle biblioteche rimane una questione molto dibattuta in Europa, sia riguardo alla digitalizzazione stessa delle opere, sia appunto sulla questione dei prestiti di ebook.
Tecnicamente si tratta di capire se ai sensi della normativa di riferimento nel termine “prestito” sia “compresa anche la cessione in uso, ma non ai fini di un beneficio economico o commerciale diretto o indiretto (…) quando il prestito viene effettuato da istituzioni aperte al pubblico – caricando sul server dell’istituzione una copia in formato digitale (riproduzione A) e consentendo ad un utente di riprodurre detta copia scaricandola sul proprio computer (riproduzione B), – laddove la copia realizzata dall’utente durante lo scaricamento (riproduzione B), non è più utilizzabile alla scadenza di un periodo limitato di tempo e – nel corso di tale periodo gli altri utenti non possono scaricare la copia (riproduzione A) sul loro computer”.
Si parla, insomma, di prestiti organizzati secondo il modello “one copy one user” : il libro digitale di cui dispone la biblioteca viene scaricato dall’utente per la durata del prestito, fermo restando che non è accessibile ad altri utenti della biblioteca per tutta la durata. Alla scadenza di tale periodo, il libro diviene automaticamente inutilizzabile per l’utente interessato e può quindi essere preso in prestito da un altro utente.
Ad essere chiamato ad esprimersi sulla vicenda è stato inizialmente il Rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi), che però ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea diverse questioni pregiudiziali attinenti l’interpretazione di disposizioni in materia di diritto d’autore e di prestito che derivano dalla normativa europea di settore.
Per dare il suo parere l’avvocato generale Szpunar analizza approfonditamente la consolidata normativa europea su tali temi, a partire dall’interpretazione della direttiva europea EUCD ( 2001/29/CE ) sul diritto d’autore che stabilisce che gli Stati Membri devono riconoscere agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione e la comunicazione al pubblico delle loro opere, ma che altresì consente loro di prevedere eccezioni e limitazioni a tale diritto.
L’articolo 2 di tale direttiva dispone infatti che: “Gli Stati membri riconoscono (agli autori, ndr ) diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte” e che, inoltre, “gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 per quanto riguarda: (…) gli atti di riproduzione specifici effettuati da biblioteche accessibili al pubblico, istituti di istruzione, musei o archivi che non tendono ad alcun vantaggio economico o commerciale, diretto o indiretto”.
Inoltre, l’Avvocato generale analizza la Direttiva 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto di noleggio, sul diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale, che riconosce all’autore dell’opera il diritto esclusivo di autorizzare o vietare noleggi e prestiti, fatte salve deroghe che possono prevedere gli Stati membri per il prestito pubblico a condizione che gli autori ricevano almeno un’equa remunerazione .
Alla luce di tale impianto normativo, Szpunar sostiene pertanto che il legislatore dell’Unione non ha inteso includere esplicitamente il prestito degli ebook nella nozione di “prestito” solo perché all’epoca la tecnologia dei libri digitali era solo agli inizi .
Per arrivare a tale conclusione, che pur non essendo vincolante può orientare la prossima sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’avvocato generale propone pertanto un’interpretazione “evolutiva” della normativa con l’equiparazione dei libri digitali con quelli cartacei.
La direttiva 115 del 2006, d’altra parte, non è un atto normativo nuovo, ma è – come sottolinea Szpunar – “una codificazione della direttiva 92/100/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1992, (..) che è uno dei primi due atti di diritto derivato nel settore del diritto d’autore. Per quanto riguarda il diritto di prestito, tale direttiva non è mai stata modificata nel merito, né in occasione della rifusione mediante la direttiva 2006/115, né in precedenza. Le disposizioni vigenti in materia di diritto di prestito sono quindi sostanzialmente le medesime adottate nel 1992”.
Inoltre vale la pena sottolineare, secondo l’avvocato, l’elemento oggettivo della questione: “Quando prende in prestito un libro, tradizionale o digitale, l’utente intende prendere conoscenza del suo contenuto, senza conservarne una copia per sé. Orbene, da questo punto di vista, il libro cartaceo e il libro digitale non presentano differenze sostanziali, al pari delle modalità del loro prestito”.
Sul punto sottolinea anche che “la copia ai sensi della menzionata disposizione non deve essere assimilata solo alla copia materiale dell’opera. Infatti, la copia non è che il risultato dell’atto di riproduzione. L’opera esiste solo sotto forma di originale e di copie, che sono il risultato della riproduzione dell’originale. Mentre una copia tradizionale, nel caso del libro in formato cartaceo, è necessariamente contenuta in un supporto materiale, ciò non vale per la copia digitale. Peraltro, è interessante notare che la versione francese della proposta di direttiva 92/100 non utilizzava il termine copie (copia), ma proprio quello di reproduction (riproduzione). Affermare che la riproduzione dell’opera non consiste nella creazione di una copia sarebbe contrario alla logica del diritto d’autore.”
Inoltre la logica del diritto d’autore è quella di tutelare, appunto, l’autore: mentre con il modello attuale i libri digitali sono messi a disposizione del pubblico a seguito di un accordo di licenza tra editori e biblioteche, accordo che di fatto esclude gli autori privandoli di qualsiasi compenso, ricomprendendo il prestito digitale nell’ambito di applicazione delle direttive citate gli autori percepirebbero un’equa remunerazione a tale titolo.
Infine, senza un’interpretazione evolutiva, le biblioteche rischieranno di non potersi adeguare, finendo “per essere marginalizzate e di perdere la loro capacità di adempiere la funzione di diffusione della cultura che hanno svolto per millenni”.
Claudio Tamburrino