Una piccola società di St. Louis, Bing! Information Design LLC , ha fatto causa a Microsoft per l’uso del nome “Bing” senza le dovute autorizzazioni, infrazione di marchio e competizione sleale.
Se il caso avesse riguardato un titolo brevettuale o il diritto d’autore il giudice avrebbe dovuto verificare che vi fosse riproduzione o utilizzo senza permesso dell’oggetto della proprietà intellettuale. Nel caso del marchio la questione si fa leggermente differente: il tribunale giudica non solo l’omogeneità dell’oggetto del contendere, ma anche altri fattori che devono concorrere a determinare se il marchio era effettivamente stato sfruttato, nonché se il nuovo utilizzo rischi di confondere il consumatore. Per far questo occorre verificare l’anno di creazione del marchio, il suo utilizzo effettivo e continuativo, la sua efficacia distintiva e l’ambito, definito nel gergo “merceologico”, (definito per alcune normative anche geograficamente) in cui veniva utilizzato.
La società di St. Louis afferma di aver sfruttato il nome Bing! dal 2000 e a dimostrarlo ha una domanda di registrazione pendente davanti all’Ufficio Marchi statunitense. Dichiara inoltre di aver utilizzato Internet, motori di ricerca e il suo sito come fonte primaria di pubblicità e promozione per le sue attività: illustrazioni interattive, design, grafica, animazioni e diagrammi tecnici.
Vista la massiccia compagnia pubblicitaria messa in piedi da Microsoft, sarebbe elevato – secondo la denuncia – il rischio di confondere le due entità, o comunque creare incomprensioni circa i rapporti reciproci, tali da fuorviare l’utente con la conseguenza di diluire il valore del marchio Bing!.
Altra accusa della compagnia di St. Louis è che Microsoft fosse a conoscenza dell’esistenza di Bing! e per questo motivo chiede danni supplementari.
Redmond non si scompone e respinge al mittente tutte le accuse: definite senza merito dal momento che non creerebbe confusione nel mercato.
Claudio Tamburrino